Un Fiume di Stelle Fossili nella Via Lattea

Un Fiume di Stelle Fossili nella Via Lattea

Nelle lontane periferie della nostra galassia gli astronomi hanno scoperto un flusso di stelle primordiali, con un contenuto di elementi pesanti inferiore a quello di ogni sistema stellare noto nella Via Lattea. Le riprese effettuate con l’osservatorio Gemini hanno dimostrato che gli astri nella corrente stellare appartenevano a un antico ammasso globulare, ormai distrutto, e rappresentano residui fossili dei primi periodi di formazione della nostra galassia.

Le correnti stellari sono insiemi di stelle che un tempo facevano parte di ammassi globulari o galassie nane, distrutte per effetto di interazioni gravitazionali e ormai ridotte a fiumi di stelle che si allungano lungo l’orbita originaria dell’ammasso o della galassia cui appartenevano. Un team internazionale di astronomi ha scoperto, a sud rispetto al disco a spirale, una scia di stelle chiamata C-19, che si muove lungo un’orbita attorno alla Via Lattea estesa da 20.000 anni luce fino a quasi 90.000 anni luce di distanza dal centro galattico. Il fiume stellare scorre per una lunghezza impressionante nel cielo notturno, pari a circa 30 volte la dimensione apparente della Luna piena, sebbene sia invisible a occhio nudo.

Grazie ai dati del telescopio Gemini North il team ha scoperto che C-19 è ciò che rimane di un ammasso globulare. In aggiunta, le stelle appartenenti al flusso hanno una caratteristica particolare: il loro contenuto di metalli (elementi più pesanti di idrogeno ed elio) è sorprendentemente basso. Gli elementi più pesanti dell’elio si sono formati attraverso nucleosintesi stellare o eventi catastrofici come supernove o fusioni di stelle di neutroni. Alla fine della vita delle stelle, questi elementi si spargono nell’Universo, rimanendo incorporati nelle generazioni successive di stelle. Come risultato, le stelle più antiche dell’Universo presentano una metallicità molto bassa.

L’illustrazione mostra la posizione del flusso stellare C-19 rispetto alla Via Lattea. Viene indicata anche la posizione del Sole e sono presenti le due Nubi di Magellano, in basso a destra. Credit: International Gemini Observatory/NOIRLab/NSF/AURA/J. da Silva/Spaceengine  Acknowledgment: M. Zamani (NSF’s NOIRLab)

In genere gli ammassi globulari, raggruppamenti sferoidali di antiche stelle in orbita attorno a una galassia, hanno metallicità non inferiori allo 0,2 percento, ma C-19 raggiunge un valore inferiore allo 0,05 percento, più basso rispetto a ogni sistema stellare osservato nella galassia e dintorni. Ad esempio il nostro Sole contiene elementi più pesanti dell’elio (principalmente ossigeno, carbonio e ferro) per l’1,2-1,3 percento. La scoperta di una scia di stelle a bassa metallicità originata da un ammasso globulare ha implicazioni importanti per la nostra comprensione della formazione di stelle, ammassi e galassie nell’Universo primordiale. A quanto pare gli ammassi globulari e i primi blocchi costruttivi della Via Lattea si sono formati in ambienti ben poveri di metalli, prima che il mezzo interstellare venisse arricchito di elementi pesanti creati nelle fornaci nucleari delle stelle di generazione successiva.

“Non era noto che potessero esistere ammassi globulari con così pochi elementi pesanti. Alcune teorie ipotizzavano che non potessero proprio formarsi”, commenta Nicolas Martin dello Strasbourg Astronomical Observatory, primo autore dello studio. “Altre teorie suggerivano che questi oggetti dovessero essere già scomparsi da tempo. Pertanto questa è una scoperta chiave per la nostra comprensione della formazione delle stelle nel giovane Universo”. Il team ha individuato le antiche stelle nei dati del satellite Gaia dell’ESA, utilizzando un algoritmo studiato appositamente per rilevare flussi stellari. Le stelle erano state identificate anche dalla survey Pristine, che utilizza il Canada-France-Hawaii Telescope alle Hawaii per cercare stelle a bassa metallicità.

Per identificare l’origine delle stelle appartenenti al flusso, gli astronomi avevano bisogno di osservazioni spettroscopiche dettagliate, ottenute con l’osservatorio Gemini e con il Gran Telescopio Canarias a La Palma, Canarie. È stato così possibile scoprire che le stelle non appartenevano a una galassia nana distrutta, ma a un antichissimo ammasso globulare, ormai disperso. Le osservazioni suggeriscono che l’ammasso debba essersi formato da generazioni di stelle primordiali e che C-19 rappresenti il residuo fossile di un periodo in cui si stavano formando i primissimi gruppi di stelle. La scoperta fornisce nuovi indizi sulla formazione di stelle e ammassi in periodi di poco successivi al Big Bang. “Anche se gli astronomi vanno a guardare le galassie più distanti per studiare l’Universo primordiale, ora sappiamo che è possibile studiare le strutture più antiche nella nostra galassia, come fossili di questi remoti periodi”, conclude Julio Navarro dell’University of Victoria, tra gli autori dello studio. Il flusso stellare rappresenta un laboratorio naturale in cui indagare sulle strutture più antiche della galassia.

Nell’immagine rappresentazione artistica di flussi stellari provenienti da una galassia nana in orbita attorno alla Via Lattea.
Credit NASA/JPL-CALTECH/R. HURT (SSC/CALTECH)

https://noirlab.edu/public/news/noirlab2201/