Fuochi d’Artificio Ultravioletti in Eta Carinae

Fuochi d’Artificio Ultravioletti in Eta Carinae

Questa visione di indicibile bellezza, sublime opera del telescopio Hubble, evidenzia il bagliore ultravioletto di uno degli oggetti più affascinanti e misteriosi della Via Lattea: la nube di gas e polveri a forma di clessidra che avvolge il massiccio sistema binario Eta Carinae, stella colossale che sembrò esplodere in supernova a metà del XIX secolo, ma che in realtà continuò a risplendere fiera, come se in effetti non volesse morire.

Tra il 1838 e il 1844 Eta Carinae diventò sempre più brillante, superando infine in luminosità tutte le altre stelle in cielo ad eccezione di Sirio, prima di affievolirsi nel successivo decennio. Ma la ripresa di Hubble rivela che i fuochi d’artificio cosmici non si sono ancora spenti: il misterioso sistema ci riserva ancora molte sorprese. Il periodo successivo alla “Grande Eruzione” ha reso Eta Carinae una vera celebrità: la Nebulosa Omuncolo che circonda la stella binaria è particolarmente fotogenica, ed è formata da materiale stellare scagliato nello spazio durante la famosa eruzione, che si espande ad alta velocità, impattando su gas e polveri circostanti. Eta Carinae, data la sua notevole massa, è andata soggetta nel tempo a molteplici espulsioni di materiale nel corso di eventi eruttivi, ma l’eruzione del XIX secolo è stata particolarmente drammatica, tanto da apparire come una vera e propria esplosione di supernova, evento che in genere segna la fine della vita di una stella.

I ricercatori che oggi studiano il sistema possono ancora osservare l’impatto della Grande Eruzione: l’enorme “clessidra” di gas e polveri espulsa nello spazio. L’oggetto è stato immortalato innumerevoli volte da molteplici telescopi in varie lunghezze d’onda, ma questa nuova ripresa evidenzia il bagliore ultravioletto del caldo magnesio gassoso nella nube (mostrato in blu). Il materiale stellare espulso nello spazio negli anni 40 del XIX secolo è stato riscaldato dall’onda d’urto generata durante l’impatto con il materiale espulso in precedenza dalla stella. Gli astronomi si aspettavano di individuare luce emessa da magnesio nel complesso intrico di filamenti di azoto brillante (mostrato in rosso), ma si sono trovati di fronte una struttura del tutto nuova: fiammate di magnesio brillante tra la “clessidra” e i filamenti più esterni riscaldati dall’onda d’urto, e ricchi di azoto.

“Abbiamo scoperto una vasta quantità di gas caldo espulso durante la Grande Eruzione, ma che non ha ancora colliso con il materiale più esterno che circonda Eta Carinae”, spiega Nathan Smith dello Steward Observatory, University of Arizona. “Gran parte dell’emissione è localizzata dove ci aspettavamo di trovare una cavità vuota. Questo materiale extra è veloce, e ‘alza la posta in gioco’ in termini di energia totale dell’esplosione stellare, già potente di per sè”. I nuovi dati sono fondamentali per comprendere come sia avvenuto l’inizio dell’eruzione, perché rappresentano un’espulsione veloce ed energetica di materiale, che potrebbe essere avvenuta prima dell’espulsione del resto della nebulosa.

Saranno necessarie ulteriori osservazioni per determinare la velocità esatta del materiale in espansione e il periodo in cui è stato espulso. “Abbiamo utilizzato Hubble per decenni allo scopo di studiare Eta Carinae nell’ottico e nell’infrarosso, e pensavamo di avere in mano un resoconto piuttosto completo dei detriti espulsi. Ma questa nuova immagine in luce ultravioletta appare straordinariamente differente, rivelando gas che non abbiamo mai visto nelle riprese in luce visibile e infrarossa”, spiega Smith.

I complessi processi che hanno causato la Grande Eruzione rimangono materia di dibattito tra gli astronomi. Una teoria recente (riportata nell’articolo a questo link https://www.universoastronomia.com/2018/08/03/la-vera-epopea-della-stella-che-non-volle-morire/ )
suggerisce che l’eruzione possa essere stata originata da un violento processo, raro e particolare: una lotta gravitazionale prolungata tra tre turbolente stelle compagne, che si è conclusa con la distruzione di una stella e la formazione di un nuovo sistema binario. Entrambe le stelle della coppia attuale sono dei veri pesi massimi: si ritiene che la stella più colossale abbia massa circa 100 volte quella del Sole, mentre la massa della più “piccola” si aggira attorno a 30 masse solari. Il sistema di Eta Carinae si trova a 7500 anni luce di distanza da noi, nella Nebulosa della Carena, una vasta regione di formazione stellare visibile nei cieli australi.

Credit: NASA, ESA, N. Smith (University of Arizona, Tucson), and J. Morse (BoldlyGo Institute, New York)

https://www.spacetelescope.org/news/heic1912/