Le Nubi di Venere: una Culla per la Vita?

Le Nubi di Venere: una Culla per la Vita?

In uno studio pubblicato su Astrobiology, un team internazionale di scienziati guidato da Sanjay Limaye dell’University of Wisconsin, Madison, prende in esame l’atmosfera di Venere come possibile nicchia per la presenza di vita microbica extraterrestre.

“Venere ha avuto molto tempo perchè la vita si evolvesse autonomamente”, spiega Limaye, facendo notare che secondo alcuni modelli Venere un tempo godette di un clima abitabile con acqua liquida in superficie, forse per 2 miliardi di anni. “È un tempo molto più lungo di quello che si ritiene abbia avuto a disposizione Marte”. Sulla Terra alcuni microbi possono venire trascinati nell’atmosfera, dove sono stati individuati ad altitudini di 40 chilometri.

La lista dei microrganismi noti per abitare ambienti incredibilmente avversi sul nostro pianeta è in crescita, ad esempio nelle sorgenti calde a Yellowstone, nei camini idrotermali delle profondità oceaniche, in fanghi tossici, laghi acidi e nelle miniere profonde. “Sappiamo che sulla Terra la vita può prosperare in condizioni molto dure, può nutrirsi di diossido di carbonio e produrre acido solforico”, afferma Rakesh Mogul della California State Polytechnic University, Pomona, un co-autore. Lo studioso fa notare che l’atmosfera nuvolosa, altamente riflettente e acida di Venere è composta principalmente di diossido di carbonio e gocce composte da acido solforico mescolato ad acqua. Le sonde lanciate verso Venere hanno dimostrato che le condizioni di temperatura e pressione nelle porzioni basse e medie dell’atmosfera venusiana, ad altitudini tra 40 e 60 chilometri, non precluderebbero la presenza di vita microbica. Le condizioni in superficie, invece, sono del tutto inospitali, con temperature che superano i 450 gradi Celsius.

L’idea dell’abitabilita delle nubi di Venere è di vecchia data. Limaye, che ha condotto la sua ricerca come scienziato della NASA a supporto della missione Akatsuki su Venere della Japan Aerospace Exploration Agency, ha ripreso questa ipotesi, col contributo di altri ricercatori come Grzegorz Słowik dell’University of Zielona Góra, Polonia. Slowik ha reso noto che esistono batteri sulla Terra con proprietà di assorbimento della luce simili a quelle di particelle non identificate che costituiscono inspiegabili macchie scure osservate nelle nubi venusiane.

Queste macchie scure sono rimaste un mistero sin da quando sono state osservate per la prima volta quasi un centinaio di anni fa. Sembra che le macchie siano periodiche, ricche di acido solforico e durino per giorni, cambiando forma continuamente. Le particelle che le costituiscono hanno quasi le stesse dimensioni di alcuni batteri terrestri, anche se finora gli strumenti che hanno campionato l’atmosfera di Venere non sono stati in grado di distinguere tra materiale di natura organica o inorganica. “Per sapere la verità, dobbiamo andare laggiù e campionarie le nubi”, conclude Mogul. “Venere potrebbe essere un capitolo entusiasmante dell’esplorazione astrobiologica”.
[ Barbara Bubbi ]

Immagine composita del pianeta Venere osservato dalla sonda giapponese Akatsuki.
Credit: Japan Aerospace Exploration Agency

https://phys.org/news/2018-03-life-adrift-clouds-venus.html

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