Collisioni Planetarie Primordiali

Collisioni Planetarie Primordiali

Gli astronomi hanno osservato un’enorme nube di detriti di fronte a una stella molto giovane, distante oltre 300 anni luce da noi. Secondo un nuovo studio la nube deriva dalla collisione di corpi celesti rocciosi in orbita attorno alla stella, destinati probabilmente a trasformarsi in pianeti veri e propri. La scoperta può fornire nuovi indizi sui processi violenti che hanno portato alla formazione del nostro Sistema Solare oltre 4,5 miliardi di anni fa.

In generale, i pianeti rocciosi e i satelliti nel Sistema Solare si sono formati in seguito a massicce collisioni primordiali avvenute agli inizi della loro formazione. Corpi rocciosi che si scontrano possono accumulare sempre più materiale, aumentando in dimensione, oppure possono spezzarsi in oggetti più piccoli. Utilizzando il telescopio spaziale Spitzer della NASA, gli astronomi hanno già individuato prove di questo tipo di antiche collisioni attorno a giovani stelle, all’interno del disco di gas e polveri in cui si formano i pianeti. Ma in generale queste osservazioni non hanno fornito molti dettagli sul tipo di collisioni e sulla dimensione dei corpi celesti coinvolti.

In un nuovo studio pubblicato su Astrophysical Journal, un team guidato da Kate Su dell’University of Arizona riferisce le prime osservazioni di una nube di detriti derivante da una collisione tra protopianeti. Questa densa nube è stata individuata grazie al suo passaggio di fronte alla stella dalla nostra prospettiva terrestre, dal momento che è in grado di bloccare parte della luce stellare. Conoscendo dimensioni e luminosità della stella, gli astronomi hanno calcolato direttamente la dimensione della nube poco tempo dopo l’impatto tra i corpi rocciosi, riuscendo così a stimare anche la dimensione degli oggetti coinvolti nello scontro e la velocità di dispersione della nube nello spazio.

Fin dal 2015 il team ha realizzato osservazioni di routine su HD 166191, una stella con età di appena 10 milioni di anni. In questo periodo della vita di una stella, polveri e gas residui nella nube da cui si è formata si raccolgono insieme a formare oggetti rocciosi chiamati planetesimi, i semi da cui nasceranno futuri pianeti. Una volta che il gas che riempiva lo spazio tra questi oggetti si disperde, diventano frequenti collisioni catastrofiche tra i vari corpi rocciosi presenti. Il team ha utilizzato la visione nell’infrarosso del telescopio Spitzer per monitorare la stella nel corso di un centinaio di osservazioni tra il 2015 e il 2019. Anche se i planetesimi sono troppo piccoli per essere risolti dal telescopio, le loro collisioni hanno prodotto vaste quantità di polveri, osservabili nell’infrarosso. A metà del 2018 il telescopio scoprì che HD 166191 era diventata significativamente più brillante nell’infrarosso, a indicare che fosse in corso un aumento nella produzione di polveri. In quel periodo, Spitzer osservò una vasta nube di polveri che bloccava la luce stellare.

Combinando i dati con osservazioni di telescopi terrestri, i ricercatori hanno ricavato dimensione e forma della nube, che risultava notevolmente allungata, con un’estensione minima pari a tre volte quella della stella. Tuttavia, la quantità di bagliore nell’infrarosso osservata da Spitzer suggerisce che solo una piccola parte della nube sia passata di fronte alla stella e che i detriti derivanti dalla violenta collisione abbiano ricoperto un’area centinaia di volte più grande rispetto alle dimensioni della stella. Per produrre una quantità di polveri così ingente, gli oggetti coinvolti nella collisione dovevano avere una dimensione simile a un pianeta nano o a un asteroide come Vesta nel nostro Sistema Solare, un corpo celeste ampio 530 chilometri situato nella Fascia Principale degli Asteroidi tra Marte e Giove.

L’impatto iniziale generò energia e calore tale da vaporizzare parte del materiale. L’evento innescò inoltre una catena di impatti tra i frammenti della prima collisione e tra altri oggetti presenti nel sistema. Nel corso dei mesi successivi, la vasta nube di polveri è cresciuta in dimensione ed è diventata più trasparente, a indicare il fatto che polveri e detriti si sono rapidamente dispersi attraverso il giovane sistema planetario. “Osservando dischi di detriti polverosi attorno a giovani stelle, possiamo essenzialmente guardare indietro nel tempo e vedere i processi che hanno plasmato il nostro Sistema Solare”, conclude Su. “Acquisendo maggiori informazioni sull’esito delle collisioni in questi sistemi, possiamo capire meglio con quale frequenza si formano i pianeti rocciosi attorno ad altre stelle”.

Nell’immagine rappresentazione artistica di una collisione tra pianeti attorno a una giovane stella
Credit Lynette Cook for Gemini Observatory/AURA

https://www.jpl.nasa.gov/news/nasa-spots-giant-debris-cloud-created-by-clashing-celestial-bodies