Le Rocce Esotiche dei Mondi Alieni

Le Rocce Esotiche dei Mondi Alieni

Analizzando le atmosfere di una ventina di nane bianche, nuclei residui di stelle morte un tempo simili al Sole, gli astronomi hanno ricavato stime delle tipologie di rocce di cui erano composti i pianeti ormai distrutti che orbitavano attorno a queste stelle. I risultati suggeriscono che la composizione chimica di quei pianeti rocciosi ormai scomparsi sia molto più varia del previsto. Alcuni composti individuati sono del tutto alieni per il Sistema Solare, e così insoliti che si è reso necessario inventare nuove terminologie per definirli.

L’analisi delle righe spettrali delle atmosfere gassose di 23 nane bianche contaminate dai resti di pianeti rocciosi – rilevate dal Keck, da Hubble e da altri telescopi – ha consentito a un’astronoma e a un geologo statunitensi di ricostruire la composizione chimica dei pianeti stessi. Composizione risultata abbastanza diversa da quella che s’incontra nei mondi rocciosi del Sistema solare, e assai più varia del previsto. I risultati su Nature Communications

Gli astronomi hanno scoperto migliaia di esopianeti in orbita attorno a stelle della nostra galassia, ma non è un compito semplice determinare la composizione di questi mondi alieni, o capire se possano assomigliare alla Terra. Siyi Xu del NOIRLab alla National Science Foundation e Keith Putirka della California State University, Fresno, hanno studiato le atmosfere di nane bianche “inquinate”, i nuclei densi e collassati di stelle un tempo simili al Sole che contengono residui di materiale proveniente da pianeti, asteroidi e altri oggetti che un tempo orbitavano nel sistema. Osservando lo spettro di elementi che non dovrebbero essere presenti normalmente nell’atmosfera di una nana bianca, gli astronomi possono dedurre la composizione dei corpi rocciosi planetari che sono ricaduti addosso alla stella quando è giunta alla fine della sua vita.

Le nane bianche derivano dall’evoluzione finale di stelle simili al Sole, che hanno espulso i loro strati esterni nello spazio, riducendosi a un nucleo denso e caldo. Sorprendentemente, alcuni esopianeti possono sopravvivere a questo processo distruttivo, ma cambiano orbita, diventano instabili o possono venire distrutti, mentre i loro detriti precipitano sulla stella. Quando ciò avviene, gli elementi che costituivano gli esopianeti o altri corpi rocciosi vengono incorporati nella stella, modificando il suo spettro luminoso. Il team ha osservato 23 nane bianche inquinate, tutte entro 650 anni luce dal Sole, nelle cui atmosfere calcio, silicio, magnesio e ferro erano stati già misurati con precisione utilizzando l’Osservatorio Keck alle Hawaii, il telescopio Hubble e altri.

Dal momento che le nane bianche sono estremamente dense, gli elementi pesanti non dovrebbero essere presenti nelle loro atmosfere, ma dovrebbero precipitare nell’interno della stella. La loro presenza suggerisce un accrescimento di materiale roccioso piuttosto recente da parte della nana bianca. In seguito gli scienziati hanno utilizzato le abbondanze misurate degli elementi per ricostruire minerali e rocce che potrebbero formarsi a partire da questi materiali di base. La scoperta rivoluzionaria derivante dallo studio è che queste nane bianche presentano un range di composti molto più ampio rispetto a ogni pianeta roccioso del Sistema Solare. Questo suggerisce che i pianeti un tempo orbitanti attorno alle nane bianche contenessero una varietà più ampia di tipologie di rocce. Alcuni dei composti individuati sono così insoliti che si è reso necessario inventare nuove terminologie, come “piroxeniti di quarzo” o “duniti di periclasio”, per classificare i tipi di rocce presenti un tempo su quei mondi alieni.

“Mentre alcuni esopianeti che un tempo orbitavano attorno alle nane bianche sembrano simili alla Terra, in gran parte presentano invece tipologie rocciose aliene per il Sistema Solare”, afferma Xu. “Non hanno controparti dirette nel nostro sistema”. “Alcune delle tipologie rocciose che abbiamo scoperto dai dati potrebbero essere capaci di contenere più acqua rispetto alle rocce terrestri, e questo potrebbe avere un impatto sullo sviluppo di eventuali oceani”, spiega Putirka. “Alcune rocce potrebbero fondersi a temperature molto più basse e produrre croste più spesse sul pianeta, mentre altre potrebbero essere più deboli, favorendo lo sviluppo della tettonica a placche”.

Secondo i ricercatori, gli elevati livelli di magnesio e i bassi livelli di silicio misurati nelle atmosfere delle nane bianche suggeriscono che i detriti rocciosi provengano dall’interno dei pianeti, non dalla loro crosta superficiale. Le analisi di detriti rocciosi nell’atmosfera delle nane bianche possono fornirci preziose informazioni sul tipo di esopianeti da cui derivano, e sulla loro evoluzione. Inoltre studi come questo possono aiutarci a studiare le varie regioni della galassia per vedere se alcune di esse ospitino eventualmente più pianeti simili alla Terra rispetto ad altre. La ricerca è pubblicata su Nature Communications.

Nell’immagine rappresentazione artistica di una nana bianca circondata da detriti planetari
Credits: NASA’s Goddard Space Flight Center/Scott Wiessinger

https://phys.org/news/2021-11-rocky-exoplanets-stranger-thought.html