Le Trasformazioni della Grande Macchia Rossa

Le Trasformazioni della Grande Macchia Rossa

Sappiamo che la tempesta più gigantesca del Sistema Solare si sta rimpicciolendo. L’iconica Grande Macchia Rossa di Giove potrebbe contenere al suo interno oltre una Terra intera, ma 150 anni fa si estendeva per almeno tre volte il nostro pianeta. Un nuovo studio rivela che, sorprendentemente, la velocità dei furiosi venti ai bordi esterni del vortice è aumentata dell’8 percento nel giro di una decina di anni.

Gli scienziati hanno scoperto che la velocità media dei venti nei pressi dei bordi della tempesta, il cosiddetto “anello ad alta velocità”, si è incrementata dell’8 percento tra il 2009 e il 2020. Al contrario, i venti vicino alla regione più interna della Macchia si muovono in maniera significativamente più lenta. Le nubi colorate della massiccia tempesta ruotano in senso antiorario a velocità che superano 640 chilometri all’ora e il vortice è più esteso del nostro pianeta. Studi recenti, che hanno utilizzato tutte le osservazioni della Macchia fin dal XIX secolo, suggeriscono che dal 1870 la gigantesca struttura si stia restringendo, con un temporaneo aumento di dimensione avvenuto negli anni ’20. Negli ultimi decenni il diametro si è ridotto di circa 230 chilometri per anno. Ma ciò che la macchia perde in dimensioni lo sta recuperando in altezza: sembra che l’altezza delle nubi sia arrivata a massimi mai raggiunti prima. In pratica la tempesta si sta restringendo, ma sta anche innalzandosi nell’atmosfera, sebbene in misura inferiore.

Ora, i ricercatori hanno utilizzato le osservazioni di Hubble relative allo scorso decennio per scoprire una variazione di velocità dei venti ai bordi della Macchia, quantificabile in meno di 2,5 chilometri all’ora per anno terrestre. “Stiamo parlando di un cambiamento così piccolo che, se non avessimo avuto a disposizione 11 anni di dati di Hubble, sarebbe passato inosservato”, spiega Amy Simon del Goddard Space Flight Center della NASA. La capacità risolutiva di Hubble ha permesso agli scienziati di analizzare e monitorare i dati con grande precisione: le strutture più piccole rilevabili dal telescopio nella tempesta si estendono per appena 170 chilometri.

Per ottenere questo risultato, Michael Wong dell’University of California, Berkeley, a guida della ricerca, ha utilizzato un nuovo algoritmo a computer per studiare i dati, analizzando decine di centinaia di migliaia di vettori velocità per ogni osservazione di Hubble. Ma cosa suggerisce la variazione di velocità individuata? “È difficile rispondere, dal momento che Hubble non è in grado di osservare molto bene in profondità nella tempesta. Qualsiasi cosa vi sia al di sotto della coltre nuvolosa è invisibile nei dati”, spiega Wong. “Ma questa scoperta è una parte interessante del mistero e può aiutarci a comprendere i meccanismi che alimentano la Grande Macchia Rossa e come essa sia in grado di mantenere la sua energia”.

Le tempeste sono sistemi altamente dinamici e questo è ciò che stiamo osservando nella Grande Macchia Rossa: il vortice sta cambiando costantemente forma e dimensione e i suoi venti mutano in velocità. Oltre a diventare più piccola, la Macchia sta assumendo una forma più circolare rispetto alle osservazioni di un centinaio di anni fa. Nessuno sa in realtà quanto durerà la riduzione in dimensione della Grande Macchia Rossa o se alla fine la famosa struttura scomparirà, perdendo energia e dissipandosi. Il diametro attuale è pari a circa 16.000 chilometri. Oltre ad analizzare l’iconica macchia gioviana, i ricercatori hanno osservato vortici presenti su altri pianeti, tra i quali Nettuno, in cui le tempeste tendono a viaggiare attraverso la superficie del pianeta, per poi sparire nel giro di pochi anni. Simili studi aiutano gli scienziati a comprendere la fisica sottostante che produce e mantiene attive questi immensi vortici tempestosi. Lo studio è pubblicato su Geophysical Research Letters.

L’immagine ripresa da Hubble il 25 Agosto 2020 inquadra il gigante Giove insieme con una delle sue lune ghiacciate, Europa
Credit: NASA, ESA, A. Simon (Goddard Space Flight Center), and M. H. Wong (University of California, Berkeley) and the OPAL team.

https://esahubble.org/news/heic2110/