Il Sorgere dell’Alba Cosmica

Il Sorgere dell’Alba Cosmica

Secondo un nuovo studio basato su osservazioni profonde dei telescopi Hubble e Spitzer, le prime stelle che illuminarono l’oscurità del cosmo iniziarono a formarsi tra 250 e 350 milioni di anni dopo il Big Bang. I ricercatori suggeriscono che il telescopio James Webb della NASA, il cui lancio è previsto per Novembre, potrà essere in grado di osservare direttamente la nascita delle prime galassie.

I ricercatori hanno preso in esame sei delle galassie più distanti conosciute, oggetti la cui luce ha impiegato un tempo paragonabile all’età dell’Universo per raggiungerci. Le galassie sono osservabili come erano quando il cosmo aveva appena 550 milioni di anni. Analizzando le riprese dei telescopi Hubble e Spitzer, il team ha calcolato che l’età delle galassie varia tra 200 e 300 milioni di anni. Questi dati hanno permesso di ricavare una stima dell’epoca di formazione delle prime stelle.

Subito dopo il Big Bang, l’Universo assomigliava a una zuppa cosmica di particelle calde ed estremamente energetiche. Dopo un periodo, a cui spesso ci si riferisce come età oscura, in cui l’Universo era ricco di idrogeno neutro e privo di sorgenti luminose, si iniziarono a formare stelle e galassie, tanto da permettere ad un certo punto alla luce di filtrare attraverso la nebbia per ionizzare l’idrogeno neutro, dando il via all’epoca della reionizzazione. “I teorici ipotizzano che all’inizio l’Universo fosse un luogo oscuro per qualche centinaio di milioni di anni, prima della formazione di stelle e galassie. Testimoniare il momento in cui il cosmo fu inondato per la prima volta di luce stellare è una questione fondamentale in Astronomia. Le nostre osservazioni suggeriscono che l’alba cosmica ebbe luogo tra 250 e 350 milioni di anni dopo l’inizio dell’Universo, e che, al tempo della loro formazione, galassie come queste potrebbero essere state sufficientemente luminose da essere visibili utilizzando il futuro telescopio spaziale James Webb”, spiega Nicolas Laporte dell’University of Cambridge, a guida dello studio.

Il team ha analizzato la luce stellare emessa dalle galassie esaminando un indicatore nella loro distribuzione di energia, per rivelare la presenza di idrogeno atomico nelle atmosfere delle stelle. L’analisi ha permesso di stimare l’età delle stelle all’interno delle galassie. La firma dell’idrogeno diventa più forte man mano che la popolazione stellare invecchia, ma diminuisce quando la galassia è più antica di un miliardo di anni. Questa dipendenza dall’età avviene in quanto le stelle più massicce che contribuiscono al segnale bruciano il loro combustibile nucleare più rapidamente e di conseguenza muoiono prima.

“Questo indicatore dell’età viene utilizzato per datare stelle nella vicinanza della Via Lattea, ma può essere anche usato per datare galassie estremamente distanti, visibili come erano ai primordi del cosmo. Utilizzando questo indicatore, possiamo dedurre che, persino in tempi così remoti, le nostre galassie hanno già un’età tra 200 e 300 milioni di anni”, spiega Romain Meyer dell’University of California, tra gli autori dello studio. Per stimare la distanza delle galassie i ricercatori sono ricorsi alla spettroscopia, utilizzando osservazioni dei telescopi terrestri Atacama Large Millimetre Array (ALMA), Very Large Telescope, Keck e Gemini-South. I dati hanno permesso al team di confermare che stiamo osservando queste galassie in un periodo in cui l’Universo aveva appena 550 milioni di anni.

Scoprire indizi sulla prima generazione di stelle è uno degli obiettivi più importanti da raggiungere per ricostruire la storia del cosmo. Nell’Universo locale gli elementi chimici più pesanti dell’idrogeno giocano un ruolo fondamentale nel permettere alle nubi di collassare per formare stelle. Ma quegli elementi, in special modo il carbonio, sono prodotti proprio dalle stelle stesse, e vengono liberati nello spazio alla loro morte. Poiché dopo il Big Bang gli unici atomi presenti erano idrogeno ed elio, le prime stelle non avevano a disposizione tali elementi pesanti per facilitare la loro formazione.

“Nel corso dell’ultimo decennio gli astronomi si sono rivolti indietro nel tempo fino alle frontiere di ciò che è osservabile quando l’Universo aveva appena il 4 percento della sua età attuale. Tuttavia, a causa della trasparenza limitata dell’atmosfera terrestre e delle capacità attuali dei telescopi spaziali Hubble e Spitzer, abbiamo raggiunto il nostro limite. Ora aspettiamo con impazienza il lancio del telescopio spaziale James Webb, che riteniamo abbia la capacità di testimoniare direttamente l’alba cosmica. L’impresa di osservare questo momento fondamentale della storia dell’Universo ha rappresentato un Santo Graal dell’astronomia per decenni. Dal momento che siamo fatti di materiale creato nelle stelle, stiamo parlando in un certo senso della ricerca delle nostre origini”, conclude Richard Ellis, tra gli autori dello studio.

Nell’immagine rappresentazione artistica delle prime stelle nell’Universo primordiale
Credit: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC)

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2021-06/ucl-cdo062421.php