La Superficie Dinamica di Venere

La Superficie Dinamica di Venere

La Terra è unica nel Sistema Solare sotto molti aspetti, fra i quali il suo sistema di tettonica a placche. Ora gli scienziati hanno scoperto sulla superficie di Venere formazioni recenti che sembrano rappresentare deformazioni dovute a moti e interazioni di grandi blocchi di crosta. La scoperta suggerisce la presenza di correnti convettive nel mantello sottostante la crosta e di movimenti tettonici che potrebbero indicare che il pianeta è ancora geologicamente attivo.

La scoperta non soltanto rivela nuove informazioni su Venere, ma può anche aiutarci a comprendere meglio evoluzione e dinamiche della tettonica a placche sulla giovane Terra. “Abbiamo identificato una formazione precedentemente ignota dovuta a deformazione tettonica su Venere, plasmata da moti interni come avviene sulla Terra”, afferma lo scienziato planetario Paul Byrne della North Carolina State University. “Anche se i processi tettonici sono differenti da quelli che osserviamo oggi sulla Terra, rappresentano una prova di moti interni all’opera che si manifestano sulla superficie del pianeta”.

La Terra è unica nel Sistema Solare sotto molti aspetti, fra i quali il suo sistema di placche tettoniche, grandi “zolle” di crosta che si muovono l’una rispetto all’altra al di sopra di uno strato interno caldo, allo stato fuso. Non osserviamo questo tipo di attività su Mercurio, Marte o sulla Luna. E nemmeno su Venere, ed è strano, considerando la dimensione e la composizione geologica simile tra Venere e Terra. I due pianeti hanno avuto percorsi evolutivi decisamente differenti, a dispetto della loro somiglianza, e le ragioni non sono ancora del tutto note. Venere è uno dei luoghi più inospitali del Sistema Solare: torrido, arido e ricoperto da una spessa coltre di nubi tossiche. La sua atmosfera consiste per il 96,5 percento di anidride carbonica, con temperature superficiali medie di circa 500 gradi Celsius, superiori a quelle di Mercurio.

Il team ha mappato la superficie di Venere utilizzando immagini radar riprese dalla sonda Magellano della NASA negli anni ’90. In questo modo i ricercatori hanno scoperto che alcune strutture superficiali sembrano suggerire moti su vasta scala, sollecitazioni di taglio e deformazioni derivanti da moti e interazioni di grandi blocchi di crosta. Per verificare le osservazioni, il team ha realizzato un modello, scoprendo che flussi convettivi al di sotto della crosta del pianeta potrebbero produrre le strutture identificate, se la crosta fosse spezzata in grandi blocchi, piuttosto che in placche vere e proprie come quelle terrestri.

“La tettonica a placche sulla Terra è causata dalla convezione nel mantello. Il mantello è più caldo o più freddo in luoghi differenti, si muove, e parte di quel moto si trasferisce sulla superficie terrestre sotto forma di movimento delle placche”, spiega Byrne. “Sembra che anche per Venere entri in gioco una variazione su questo tema. Non si tratta di tettonica a placche come quella sulla Terra, non ci sono grandi sistemi montuosi creati dalla tettonica o gigantesche formazioni prodotte dalla subduzione, ma è evidente che c’è una deformazione dovuta al flusso del mantello interno, che non è mai stata dimostrata prima su scala globale”.

Prove recenti suggeriscono inoltre che Venere possa essere ancora vulcanicamente attivo. Sono state scoperte formazioni vulcaniche relativamente recenti sulla crosta superficiale. Sappiamo che gran parte della superficie del pianeta è stata plasmata da attività vulcanica più o meno nell’ultimo miliardo di anni. Per aver prodotto le strutture osservate dal team, la tettonica relativa deve aver agito di recente, dopo questa trasformazione generale della superficie. E potrebbe essere ancora in corso. Questo suggerisce l’esistenza di uno stadio intermedio di attività tettonica, lungo un continuum tra la superficie ritenuta “statica” di Mercurio, Marte e Luna e la mobilità della tettonica terrestre. La scoperta potrebbe aiutarci a comprendere meglio gli esopianeti in orbita attorno ad altre stelle in zone simili a quella di Venere nel nostro Sistema, nonchè la struttura interna dei mondi rocciosi e la storia della formazione della Terra.

“Lo spessore della litosfera di un pianeta dipende principalmente da quanto sia caldo, sia all’interno che in superficie. Il flusso di calore proveniente dall’interno della giovane Terra era fino a tre volte maggiore rispetto a oggi, pertanto la litosfera potrebbe essere stata simile a quella che vediamo su Venere: non abbastanza spessa da formare placche soggette a subduzione, ma sufficientemente spessa da frammentarsi in blocchi che si spingono, scivolano e urtano uno sull’altro”, conclude Byrne.

Nell’immagine Venere nell’ultravioletto ripreso dalla sonda Akatsuki
Image: JAXA / ISAS / DARTS / Damia Bouic

https://www.sciencealert.com/an-unexpected-planetary-feature-has-just-been-found-on-venus