Come Marte Perse i suoi Oceani

Come Marte Perse i suoi Oceani

Gli scienziati hanno ricreato in laboratorio condizioni simili a quelle che si ritiene fossero presenti nel nucleo di Marte miliardi di anni fa, scoprendo che le dinamiche del metallo fuso permisero il mantenimento di un campo magnetico, destinato in breve a scomparire. Quando ciò avvenne, l’atmosfera si disperse nello spazio e il Pianeta Rosso si trasformò in un mondo arido e freddo.

Molto tempo fa l’acqua scorreva copiosa sulla superficie di Marte, raccogliendosi in fiumi distribuiti globalmente, ancora più maestosi di quelli che attualmente percorrono la nostra Terra. Ancora oggi la superficie marziana è attraversata da evidenti e profonde tracce di fiumi fossili di lungo corso. Inoltre Marte presenta formazioni geologiche simili a quelle visibili sulla Terra e sulla Luna, come crateri e valli, molte delle quali si sono formate in seguito a precipitazioni. Si ritiene che il pianeta rosso abbia perduto il suo stato di mondo ricco d’acqua attorno a 3,5 miliardi di anni fa, non molto tempo dopo che il suo nucleo si raffreddò e il suo campo magnetico scomparve. Questi processi permisero alla particelle solari di colpire l’atmosfera marziana e strapparne via i gas protettivi. Praticamente privo dello scudo atmosferico, Marte non potè trattenere l’acqua liquida in superficie, che via via scomparve. Un team di astronomi guidato da Kei Hirose dell’Università di Tokyo si è proposto di indagare tramite esperimenti in laboratorio sui processi all’origine della scomparsa del campo magnetico marziano.

“Il campo magnetico terrestre è guidato da enormi correnti convettive di metallo fluido nel nucleo. Si ritiene che i campi magnetici su altri pianeti si comportino allo stesso modo”, spiega Hirose. “Anche se la composizione interna di Marte non è ancora ben nota, indagini su meteoriti marziane suggeriscono che il suo nucleo sia di ferro fuso arricchito con zolfo. Inoltre, analisi di tipo sismico della sonda InSight in superficie suggeriscono che il nucleo di Marte sia più grande e meno denso del previsto. Questi fattori implicano la presenza di elementi più leggeri aggiuntivi nel nucleo stesso, come l’idrogeno. Grazie a queste informazioni, possiamo preparare leghe di ferro che ci aspettiamo corrispondano alla composizione del nucleo e sottoporle a esperimenti”.

Nel corso dell’esperimento il team ha impiegato diamanti, laser e un campione di materiale contenente ferro, zolfo e idrogeno, simile a come poteva essere l’antico nucleo di Marte. Per simulare le condizioni di temperatura e pressione stimate nel nucleo, i ricercatori hanno posto questo campione tra due diamanti e lo hanno compresso, riscaldandolo nel frattempo con un laser a infrarossi. Le analisi hanno permesso di osservare cosa avveniva al campione durante la fusione sotto pressione, e di mappare le variazioni nella composizione del campione nel corso del tempo.

“Siamo rimasti sorpresi nell’osservare un particolare comportamento che potrebbe spiegare molte cose. La miscela di composti inizialmente omogenea si è separata in due liquidi distinti, con un livello di complessità che non era mai stato osservato prima sotto questo tipo di pressioni”, spiega Hirose. “Uno dei liquidi di ferro era ricco di zolfo, mentre l’altro di idrogeno. Questa è la chiave per spiegare la formazione e la fine del campo magnetico attorno a Marte”. Secondo gli autori, nell’antico cuore di Marte il ferro liquido ricco di idrogeno e povero di zolfo, essendo meno denso, sarebbe risalito al di sopra dello strato ricco di zolfo, provocando la formazione di correnti convettive. Queste correnti, simili a quelle terrestri, potrebbero aver generato un campo magnetico capace di mantenere idrogeno in atmosfera attorno a Marte, e questo, a sua volta, avrebbe permesso all’acqua liquida di rimanere in superficie.

Ma una volta che i due liquidi si separarono completamente, cessò anche la corrente convettiva che permetteva il mantenimento del campo magnetico. Quando ciò avvenne, il vento solare spazzò via l’idrogeno atmosferico nello spazio, provocando infine l’evaporazione degli oceani sulla superficie di Marte. “Tenendo presenti i nostri risultati, ulteriori studi della sismologia di Marte ci aiuteranno a verificare se il nucleo è davvero formato da strati distinti, come abbiamo previsto”, conclude Hirose. “Se questa ipotesi è corretta, potrebbe aiutarci a completare la storia della formazione dei pianeti rocciosi, compresa la Terra, e a spiegare la loro composizione. E si potrebbe pensare che anche la Terra potrebbe un giorno perdere il suo campo magnetico, ma niente paura! Non avverrà per almeno un altro miliardo di anni”.

Nell’immagine impressione artistica di come Marte potrebbe essere stato oltre 3 miliardi di anni fa
Credit: ESO/M. Kornmesser/N. Risinger (skysurvey.org)

https://www.u-tokyo.ac.jp/focus/en/press/z0508_00206.html