La Nebulosa Eschimese

La Nebulosa Eschimese

Alla fine della loro vita le stelle simili al Sole possono diventare straordinariamente fotogeniche. Un ottimo esempio è la nebulosa planetaria NGC 2392, popolarmente nota come Nebulosa Eschimese. Il curioso nomignolo è dovuto al fatto che, se osservata con telescopi terrestri, può sembrare un volto circondato dal copricapo di pelliccia tipico degli eschimesi. Ma questa immagine combinata che include dati in banda X dell’osservatorio Chandra e dari in luce ottica del telescopio Hubble rivela la struttura intricata della nube in notevole dettaglio. La nube si è formata quando una stella medio-piccola ha terminato il combustibile nucleare nel suo cuore e ha iniziato ad espandersi in gigante rossa, per poi espellere gli strati esterni ad una velocità di 50.000 chilometri all’ora, riducendosi a un caldo, denso nucleo. Successive espulsioni di materiale in rapido movimento hanno impattato con il materiale più lento espulso durante fasi precedenti. La radiazione del caldo nucleo stellare e l’interazione tra i materiali creano il guscio complesso e filamentoso della splendida nebulosa planetaria.

I dati in banda X (in rosa chiaro) mostrano il gas riscaldato a milioni di gradi vicino al centro della planetaria, mentre i dati ottici di Hubble (in arancio) evidenziano la struttura intricata degli strati esterni espulsi dalla stella. L’anello esterno di materia, costituito da filamenti a forma di cometa lunghi circa un anno luce, si è formato quando la radiazione della stella centrale e il veloce vento stellare hanno interagito con gusci più freddi di gas e polveri già espulsi in precedenza dalla stella. I dati di Chandra mostrano un livello di emissione di raggi X insolitamente alto: questo porta i ricercatori a ipotizzare che sia presente una compagna non visibile della calda stella centrale. La fotogenica nebulosa si trova a circa 4000 anni luce dalla Terra, nella Costellazione dei Gemelli.

Image Credit: NASA, ESA, Hubble, Chandra;
Processing & License: Judy Schmidt

https://apod.nasa.gov/apod/ap200216.html

APOD
2020 Feb 16