Stelle Adatte per Mondi Abitabili

Stelle Adatte per Mondi Abitabili

Quando si va in cerca di segnali della presenza di vita al di fuori del Sistema Solare, occorre tener presente che siamo circondati da miriadi di stelle. Per restringere la ricerca, è opportuno valutare quali stelle, tra quelle più facilmente osservabili, abbiano maggiore probabilità di ospitare pianeti abitabili. È quanto si è proposto un nuovo studio, col risultato di identificare nelle stelle di tipo K le candidate migliori.

Questi astri sono più luminosi delle stelle più piccole, ma meno brillanti del Sole. Vivono per lungo tempo, fino a 70 miliardi di anni, riservandosi maggiori possibilità per lo sviluppo della vita, e sono meno attive delle stelle più deboli e più comuni del cosmo, le cosiddette nane rosse, note per le loro distruttive radiazioni ed eruzioni, specie in gioventù. “Ritengo che le stelle K siano al “posto giusto” tra le stelle simili al Sole e le stelle di tipo M”, spiega Giada Arney del Goddard Space Flight Center della NASA. Scopo della ricercatrice era capire come potrebbero essere individuabili segnali di vita, o biofirme, su un ipotetico pianeta in orbita attorno a una stella di tipo K.

Gli scienziati considerano la presenza simultanea di ossigeno e metano nell’atmosfera di un pianeta come una forte biofirma, perché questi gas reagiscono facilmente tra loro, eliminandosi a vicenda. Pertanto, se vengono individuati entrambi in un’atmosfera, questo suggerisce che qualche processo li stia producendo rapidamente, forse grazie alla presenza di vita. Tuttavia, dal momento che gli esopianeti sono assai distanti da noi, è necessario che nella loro atmosfera siano presenti quantità significative di ossigeno e metano, perché possano essere rivelate dagli osservatori terrestri. Secondo Arney la biofirma ossigeno-metano è più facilmente individuabile in stelle di tipo K che in stelle simili al Sole.

La scienziata ha utilizzato un modello a computer per simulare chimica e temperatura di un’atmosfera planetaria, in risposta a vari tipi di stelle, simulando come potrebbe apparire lo spettro luminoso a futuri telescopi. “La luce ultravioletta delle stelle K non genera ossigeno gassoso altamente reattivo, in grado di distruggere il metano così facilmente come avviene per un stella simile al Sole”. Le stelle di tipo K offrono dunque molteplici vantaggi: non sono così attive come le stelle di tipo M, offrono una migliore probabilità di rilevare simultaneamente ossigeno e metano nelle atmosfere dei loro pianeti, e hanno una durata di vita lunga. Inoltre dovrebbe essere più semplice individuare pianeti in orbita attorno a queste stelle, perché sono più fioche rispetto a quelle di tipo solare, quindi il calo di luce stellare dovuto al passaggio di un pianeta dovrebbe essere relativamente più evidente. Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, include come possibili obiettivi per future osservazioni alcune stelle di tipo K nelle vicinanze, 61 Cyg A/B, Epsilon Indi, Groombridge 1618, e HD 156026 .

Nell’immagine rappresentazione artistica del sistema Kepler-62, che ospita almeno due mondi in zona abitabile
CREDIT NASA Ames/JPL-Caltech/Tim Pyle

https://eurekalert.org/pub_releases/2019-03/nsfc-sm030719.php