Polvere di supernova negli oceani

Polvere di supernova negli oceani

Un team di ricercatori ha rilevato e datato la firma dell’esplosione di una supernova in campioni prelevati dal fondale oceanico terrestre. Secondo lo studio, l’arrivo del segnale riconducibile all’evento è databile a circa 2,7 milioni di anni fa e il Sistema Solare ha transitato attraverso il resto di supernova per un periodo di un milione di anni a partire da quell’epoca.

Quando le stelle massicce con una massa superiore alle 8-10 masse solari arrivano alla fine della loro vita, dopo aver consumato tutto il loro combustibile nucleare, collassano sotto la propria gravità ed esplodono come supernove, espellendo una grande quantità di materia nello spazio circostante. Se una supernova è abbastanza vicina al Sistema Solare, può succedere che lasci tracce di residui sulla Terra, sotto forma di specifici radioisotopi.

Tra le specie di elementi conosciuti prodotti da queste stelle si distingue il Ferro-60: questo radioisotopo non ha un meccanismo di produzione naturale sulla Terra, così una rilevazione di Ferro-60 all’interno delle riserve  terrestri è una prova della diretta deposizione di materiale di supernova all’interno del nostro Sistema Solare.

Un eccesso di Ferro-60 è stato già osservato in strati antichi di circa 2 milioni di anni rilevati nell’Oceano Pacifico e, più recentemente, in campioni lunari e anche in questi casi si sarebbe trattato di materiale proveniente da supernove. Tuttavia i segnali non avevano la risoluzione temporale necessaria per un’accurata datazione.

Ora, per la prima volta, i fisici della Technical University of Munich sono riusciti a individuare la tempistica del segnale dell’esplosione analizzando tracce fossili, all’interno di cristalli di origine batterica estratti tramite carotaggi di sedimenti del Pacifico. La comparsa del segnale di Ferro-60 risale a circa 2,7 milioni di anni fa ed è centrata a 2,2 milioni di anni, mentre il termine del segnale significativo può essere datato a circa 1,7 milioni di anni fa. “Ovviamente, il Sistema Solare ha attraversato per un periodo di circa un milione di anni i detriti di una supernova”, afferma Shawn Bishop, uno degli autori dello studio.

Per analizzare l’intera struttura temporale del Ferro-60 nei campioni terrestri, è necessario un campione geologico con un’eccellente risoluzione stratigrafica e altre caratteristiche essenziali, in modo da preservare l’elemento quasi com’era nel periodo della sua deposizione, al di là del decadimento naturale.

Queste condizioni sono rispettate nei sedimenti estratti dall’Oceano Pacifico utilizzati in questo studio. I materiali infatti sono cresciuti con un tasso di sedimentazione costante, preservando l’informazione temporale intrinseca del segnale di supernova. Nondimeno, la concentrazione di ferro-60 in questi fossili è così bassa da essere rilevabile solo utilizzando tecniche avanzate come la spettroscopia di massa con acceleratore (accelerator mass spectroscopy, AMS).

La stella progenitrice che ha dato luogo a questa supernova probabilmente apparteneva all’Associazione Scorpius-Centaurus, costituita da gruppi di stelle di classe spettrale OB, localizzata 2,3 milioni di anni fa alla distanza di 300 anni luce dal Sistema Solare. Nel corso degli ultimi 10-15 milioni di anni da 15 a 20 supernove sono esplose in questa associazione, una serie di esplosioni di stelle massicce che ha generato una grande cavità, chiamata “bolla locale”, del mezzo interstellare presente nel Braccio di Orione, uno dei bracci della Via Lattea.

Lo studio delle supernove è fondamentale perché rappresentano un efficace meccanismo di arricchimento chimico delle galassie, restituendo al cosmo il materiale stellare, ricco di elementi, da cui potranno nascere nuove stelle, pianeti e persino la vita.

https://www.sciencedaily.com/releases/2016/08/160810104412.htm

Credit: NASA/JPL-Caltech/STScI