Fasci di Antimateria Generati da una Pulsar

Fasci di Antimateria Generati da una Pulsar

La combinazione di rotazione iper-veloce e campo magnetico ultra-forte rende una pulsar un poderoso acceleratore di particelle ad alta energia, nel corso di un processo estremo in grado di generare un fascio di materia e antimateria, in viaggio ad alta velocità nello spazio interstellare. Nuovi dati in banda X dell’osservatorio Chandra della NASA rivelano la notevole estensione di questi filamenti energetici e suggeriscono che il processo osservato in questa pulsar potrebbe spiegare la notevole quantità di positroni, antiparticelle degli elettroni, individuati nella nostra galassia.

Le pulsar derivano dalla morte esplosiva di stelle massicce: sono dense stelle di neutroni la cui radiazione elettromagnetica in fasci ristretti, simili a quelli di un faro, si manifesta sotto forma di impulsi radio ad intervalli molto regolari. Questi corpi celesti fortemente magnetizzati ruotano incredibilmente rapidi, compiendo centinaia di rivoluzioni al secondo. La pulsar oggetto dello studio, chiamata PSR J2030+4415, si trova a 1.600 anni luce da noi e gira su se stessa circa 3 volte ogni secondo. L’oggetto è in grado di rilasciare energia nell’ambiente circostante a un tasso prodigioso, a causa del suo intenso campo magnetico, migliaia di miliardi di volte più potente rispetto a quello del Sole. La combinazione di rapida rotazione e campo magnetico ultra-forte rende una pulsar come questa uno dei generatori elettromagnetici più potenti della galassia, in grado di emettere un furioso vento di particelle che spazza l’ambiente circostante.

Il riquadro sulla sinistra mostra circa un terzo della lunghezza del fascio espulso dalla pulsar. I raggi X (in blu) evidenziano dove le particelle si spostano a un terzo della velocità della luce. Una visione ravvicinata della pulsar nel riquadro a destra mostra la radiazione X emessa da particelle che accompagnano la pulsar nel suo viaggio. I dati in banda ottica del telescopio Gemini sono mostrati in rosso, marrone e nero. Credit: X-ray: NASA/CXC/Stanford Univ./M. de Vries; Optical: NSF/AURA/Gemini Consortium

Gli astronomi hanno scoperto per la prima volta un filamento espulso dalla pulsar nel 2020, ma non ne conoscevano la reale lunghezza. Le nuove osservazioni di Chandra realizzate nel Febbraio e nel Novembre 2021 mostrano che la struttura brillante in banda X è quasi tre volte più lunga di quanto appariva nelle prime osservazioni, superiore a 60.000 miliardi di chilometri. Il filamento si estende in cielo quasi metà del diametro della Luna ed è il più lungo del suo tipo visibile da Terra. “È straordinario che una pulsar estesa appena 16 chilometri possa creare una struttura così vasta e osservabile a migliaia di anni luce di distanza“, spiega Martijn de Vries della Stanford University a Palo Alto, California, a guida dello studio. “Considerando la stessa dimensione relativa, se il filamento si estendesse da New York a Los Angeles, la pulsar sarebbe circa 100 volte minore dell’oggetto più piccolo visibile a occhio nudo”.

I risultati forniscono nuovi indizi sulla possibile sorgente dell’antimateria nella Via Lattea, simile alla materia ordinaria ma dotata di carica opposta. Ad esempio, il positrone è l’equivalente dell’elettrone con carica positiva. La stragrande maggioranza dell’Universo è costituita da materia ordinaria piuttosto che da antimateria. Tuttavia, gli scienziati continuano a scoprire grandi quantità di positroni nei rilevatori terrestri, una scoperta che pone la questione dell’individuazione delle sorgenti più probabili di queste antiparticelle. Secondo i ricercatori la pulsar oggetto dello studio potrebbe rappresentare una risposta a questo mistero. La combinazione nell’ambiente della pulsar di rapidissima rotazione e potenti campi magnetici porta le particelle ad accelerare e a produrre radiazione ad alta energia, un processo che può generare coppie di elettroni e positroni.

Probabilmente la pulsar rilascia questi positroni nella galassia, generando dei venti di particelle cariche che in condizione normale rimangono confinati all’interno dei suoi potenti campi magnetici. Tuttavia, la pulsar è in rapido viaggio nello spazio interstellare, a velocità superiori a un milione e mezzo di chilometri all’ora, lasciandosi alle spalle un vento di particelle energetiche, mentre nel gas di fronte all’oggetto vengono a crearsi potenti onde d’urto. Circa una ventina di anni fa (rispetto alle nostre osservazioni) il moto dell’onda d’urto è entrato in una fase di stallo e la pulsar lo ha raggiunto, col risultato di un’interazione con il campo magnetico interstellare. “Questo ha innescato probabilmente la perdita di particelle nello spazio“, spiega Roger Romani, tra gli autori dello studio. “Il campo magnetico del vento della pulsar si è collegato al campo magnetico interstellare ed elettroni e positroni ad alta energia sono schizzati fuori attraverso un’apertura formata dalla connessione delle linee di campo“. Man mano che le particelle si spostano nel mezzo interstellare magnetizzato a velocità pari a un terzo di quella della luce, brillano in banda X e possono essere individuate dal telescopio Chandra, sotto forma di un lungo filamento luminoso. Lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal, dimostra che pulsar come PSR J2030+4415 possono effettivamente generare particelle ultraenergetiche di materia e di antimateria in grado di sfuggire nello spazio interstellare e infine raggiungere la Terra.

Image: NASA

https://chandra.harvard.edu/press/22_releases/press_031422.html