Metano su Encelado: un Segnale della Presenza di Vita?

Metano su Encelado: un Segnale della Presenza di Vita?

Secondo un nuovo studio i processi geochimici che conosciamo sulla Terra non possono spiegare gli alti livelli di metano misurati dalla sonda Cassini nei pennacchi di vapor d’acqua che fuoriescono da fratture superficiali della luna di Saturno Encelado. I risultati suggeriscono che, prendendo in considerazione processi di metanogesi biologica dovuti alla presenza di microorganismi, la produzione di metano risulta in linea con le osservazioni di Cassini.

La presenza di un oceano globale sotto la crosta ghiacciata rende Encelado particolarmente interessante per gli astrobiologi. Encelado sperimenta un riscaldamento interno a causa dell’eccentricità della sua orbita: l’avvicinarsi e l’allontanarsi da Saturno fa sì che la luna venga leggermente deformata, in risposta alla possente gravità del pianeta gigante. Il processo chiave alla base della formazione di fratture sulla superficie della luna è il fatto che i poli di Encelado sperimentano gli effetti maggiori di questa deformazione indotta dalla gravità, quindi il guscio ghiacciato è più sottile ai poli. Grazie alla sonda Cassini abbiamo scoperto che Encelado espelle potenti getti di vapor d’acqua e particelle ghiacciate, incluse molecole organiche complesse, dalle fratture superficiali vicine al polo sud.

Prima di tuffarsi nell’atmosfera di Saturno nel Settembre 2017, la sonda campionò questi getti e li analizzò tramite gli strumenti Cosmic Dust Analyzer (CDA) e Ion and Neutral Mass Spectrometer (INMS). Durante un passaggio ravvicinato a Encelado nel 2015, lo strumento INMS individuò nei pennacchi idrogeno molecolare, metano e diossido di carbonio. Studi scientifici conseguenti a queste rilevazioni hanno suggerito che l’oceano sub-superficiale della luna di Saturno Encelado presenti una concentrazione di queste molecole più elevata del previsto, nonché un livello del PH non dissimile a quello degli oceani terrestri. La quantità di metano individuata nei getti si era rivelata particolarmente inaspettata.

“Volevamo sapere questo: microbi simili a quelli terrestri che si nutrono di idrogeno molecolare per produrre metano possono spiegare la quantità sorprendentemente alta di metano rilevata da Cassini?”, spiega Régis Ferrière dell’University of Arizona, tra gli autori dello studio. “Cercare simili microbi, noti come metanogeni, nel fondo oceanico di Encelado potrebbe richiedere missioni di profondità estremamente impegnative che non sono previste per vari decenni”. Il team ha seguito un approccio differente, realizzando nuovi modelli matematici che combinano geochimica ed ecologia microbica per calcolare la probabilità che processi differenti, inclusa metanogenesi biologica, possano spiegare i dati di Cassini.

La conclusione dei ricercatori è che i dati sono coerenti sia con attività microbica in camini idrotermali che con processi che non coinvolgono forme di vita, ma che dovrebbero essere molto differenti da quelli che avvengono sulla Terra. Sul nostro pianeta, l’attività idrotermale avviene quando l’acqua fredda del mare nel fondo oceanico circola attraverso la roccia sottostante e passa attraverso una fonte di calore, come una camera magmatica, prima di fuoriuscire nuovamente nell’ambiente esterno attraverso camini idrotermali. Un camino idrotermale è una frattura nella superficie del fondo oceanico da cui fuoriesce acqua geotermicamente riscaldata. In questo modo, può essere prodotto metano, ma ad un tasso lento. Gran parte della produzione di metano in questi ambienti terrestri è dovuta invece a microorganismi che sfruttano il disequilibrio chimico, producendo idrogeno molecolare come sorgente di energia, nonchè metano a partire da diossido di carbonio, nel corso di un processo chiamato metanogenesi.

Il team ha preso in esame la composizione dei pennacchi di Encelado come risultato finale di vari processi chimici e fisici che hanno luogo nell’interno della luna. In primo luogo, i ricercatori hanno calcolato quale produzione idrotermale di idrogeno molecolare potrebbe coincidere meglio con i dati di Cassini e se questa produzione potrebbe fornire “cibo” a sufficienza per sostenere una popolazione di microbi metanogeni idrogenotropici simili a quelli che esistono sulla Terra. Gli autori hanno sviluppato un modello matematico per verificare se un dato insieme di condizioni chimiche, come la concentrazione di idrogeno molecolare nel fluido idrotermale e la temperatura, potessero fornire un ambiente adatto allo sviluppo di un’ipotetica popolazione microbica, indagando anche sugli effetti che questa popolazione, di conseguenza, potrebbe avere sull’ambiente circostante.

I risultati suggeriscono che persino la stima più alta possibile di produzione di metano da processi abiotici, senza contributo di microorganismi, sulla base della chimica idrotermale nota, è ben lontana da essere sufficiente per spiegare la concentrazione di metano misurata nei pennacchi di vapor d’acqua che fuoriescono da Encelado. Aggiungendo processi di metanogenesi biologica, tuttavia, la produzione di metano risulta in linea con le osservazioni di Cassini. “Ovviamente, non stiamo concludendo che esista la vita nell’oceano di Encelado. Piuttosto, abbiamo voluto capire con quale probabilità i camini idrotermali di Encelado potrebbero essere abitabili per microorganismi terrestri. La risposta, sulla base dei nostri modelli e dei dati di Cassini, è che sia molto probabile”, spiega Ferrière. “E sembra che la metanogenesi biologica sia compatibile con i dati. In altre parole, non possiamo escludere l’ipotesi della vita, abbiamo bisogno di altri dati da future missioni”.

In effetti, il metano potrebbe derivare da rotture chimiche della materia organica primordiale che potrebbe essere presente nel nucleo di Encelado e che potrebbe convertirsi parzialmente in idrogeno molecolare, metano e diossido di carbonio attraverso processi idrotermali. Questa ipotesi risulta plausibile se si considera che Encelado potrebbe essersi formato a partire da accrescimento di materiale ricco di molecole organiche, fornito da comete. “In parte la questione è riconducibile a quanto riteniamo probabili le differenti ipotesi da cui partire”, conclude Ferrière. “Ad esempio, se riteniamo che la probabilità della presenza di vita su Encelado sia estremamente bassa, allora meccanismi abiotici alternativi potrebbero diventare molto più probabili, sebbene molto alieni rispetto a ciò che conosciamo sulla Terra”. Lo studio è pubblicato su Nature Astronomy.

Nell’immagine Encelado si staglia di fronte agli anelli di Saturno, che brillano di luce solare riflessa. Al polo sud della luna (in basso nell’immagine) sono visibili pennacchi di particelle di ghiaccio d’acqua e altri materiali che vengono continuamente espulsi attraverso fratture presenti nel ghiaccio superficiale. Il puntino brillante visibile a destra di Encelado è una stella distante.
Credit: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

https://news.arizona.edu/story/methane-plumes-saturns-moon-enceladus-possible-signs-life