Impronte delle Prime stelle nella nube primordiale

Impronte delle Prime stelle nella nube primordiale

Durante le osservazioni rivolte a un remoto quasar, gli scienziati hanno scoperto una nube gassosa primordiale, contenente informazioni preziose sulle prime fasi della formazione di stelle e galassie, e risalente a circa 850 milioni di anni dopo il Big Bang. I risultati dello studio sono pubblicati su Astrophysical Journal.

La composizione chimica della nube, per quanto riguarda le abbondanze relative, si è dimostrata sorprendentemente moderna, a dimostrazione che le prime stelle del cosmo si sono formate assai rapidamente dopo il Big Bang. Quando gli astronomi osservano oggetti distanti, in realtà stanno guardando indietro nel tempo: la nube gassosa appena scoperta è così distante che la sua luce ha impiegato quasi 13 miliardi di anni per raggiungerci. In questo modo, la luce che oggi osserviamo può fornirci preziose informazioni sull’aspetto che la nube aveva in quei lontani periodi della storia del cosmo, particolarmente interessanti per gli astronomi, dal momento che entro qualche centinaio di milioni di anni dopo il Big Bang nacquero le prime stelle e galassie.

La nube è stata individuata per un caso fortuito: Eduardo Bañados e i suoi colleghi del Carnegie Institution for Science stavano studiando quasar molto distanti, quando hanno notato uno spettro insolito nel quasar P183+05. Analizzando immagini più dettagliate tramite i telescopi Magellano al Las Campanas Observatory in Cile, gli astronomi hanno scoperto che le firme spettrali inconsuete rappresentavano le tracce di una nube gassosa molto vicina al quasar, rivelando così una delle nubi cosmiche più distanti mai identificate.

I quasar sono nuclei attivi estremamente brillanti appartenenti a remote e antiche galassie, la cui luminosità è dovuta alla presenza di un buco nero supermassiccio centrale che divora avidamente materia. Se una nube gassosa si interpone tra l’osservatore e un quasar, parte della luce emessa dal quasar viene assorbita. In questo modo i quasar possono essere utilizzati come “lampadine” sullo sfondo per individuare la presenza di un oggetto interposto, nonchè per rilevare la sua composizione chimica tramite analisi dello spettro.

Gli astronomi hanno individuato nella nube tracce di vari elementi chimici, inclusi carbonio, ossigeno, ferro e magnesio, anche se in piccole quantità, circa 800 volte inferiori rispetto alle abbondanze chimiche nell’atmosfera del Sole. Queste misurazioni rendono la nube gassosa uno dei sistemi più poveri di metalli (elementi più pesanti di idrogeno ed elio) e più antichi conosciuti nel cosmo. “Dopo esserci convinti che stavamo osservando del gas così antico, risalente ad appena 850 milioni di anni dopo il Big Bang, abbiamo iniziato a domandarci se questo sistema potesse ancora contenere le firme chimiche prodotte dalla prima generazione di stelle”, spiega Michael Rauch, tra gli autori dello studio.

Scoprire indizi sulla prima generazione di stelle è uno degli obiettivi più importanti da raggiungere per ricostruire la storia del cosmo. Nell’Universo locale gli elementi chimici più pesanti dell’idrogeno giocano un ruolo fondamentale nel permettere alle nubi di collassare per formare stelle. Ma quegli elementi, in special modo il carbonio, sono prodotti proprio dalle stelle stesse, e vengono liberati nello spazio alla loro morte. Poiché dopo il Big Bang gli unici atomi presenti erano idrogeno ed elio, le prime stelle non avevano a disposizione tali elementi pesanti per facilitare la loro formazione.

Le analisi della nube primordiale appena individuata hanno dimostrato che la sua composizione chimica non è primitiva, anzi le abbondanze relative sono sorprendentemente simili a quelle osservate nelle attuali nubi intergalattiche. Il fatto che una nube gassosa così antica contenga già metalli con abbondanze chimiche relative “moderne” pone una seria sfida alle teorie sulla nascita delle prime stelle. In effetti, lo studio implica che la formazione delle prime luci del cosmo sia iniziata molto prima del previsto. Un vincolo temporale proviene ad esempio dalle supernove di tipo Ia, esplosioni cosmiche necessarie per produrre metalli con le abbondanze osservate. Simili supernove hanno bisogno di un periodo pari a circa un miliardo di anni per potersi verificare, pertanto sulla base di questa scoperta dovrebbe essere rimodulato ogni scenario relativo alla formazione delle prime stelle.

“È entusiasmante il fatto che possiamo misurare metallicità e abbondanze chimiche così presto nella storia dell’Universo, ma se vogliamo identificare le firme delle prime stelle dobbiamo sondare epoche ancora più antiche. Sono ottimista sul fatto che troveremo nubi gassose ancora più distanti, che ci potranno aiutare a capire come siano nate le prime stelle”, conclude Bañados.

Nell’immagine rappresentazione artistica di una delle prime stelle del cosmo, una massiccia stella blu avvolta da filamenti di gas e polveri
Credit N. R. Fuller/National Science Foundation

https://www.mpg.de/en/2019-09-quasar-gas