Pianeti Ridotti all’Osso dalla Furia di Sagittarius A*

Pianeti Ridotti all’Osso dalla Furia di Sagittarius A*

 

Secondo un team di astrofisici pianeti simili a Nettuno localizzati vicino al centro della Via Lattea potrebbero trasformarsi in pianeti rocciosi, in seguito alle violente emissioni generate dal buco nero supermassiccio che si annida nelle vicinanze. Lo studio combina simulazioni a computer con dati di scoperte recenti sugli esopianeti, così come osservazioni di stelle e buchi neri nei raggi X e in luce ultravioletta.

“È piuttosto strano pensare che i buchi neri possano forgiare il destino evolutivo di un pianeta, ma questo può essere davvero il caso del centro della nostra galassia”, ha detto Howard Chen della Northwestern University, Illinois, a guida dello studio. Chen, insieme ai suoi colleghi dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA), ha preso in esame l’ambiente estremo che infuria attorno al buco nero supermassiccio della Via Lattea, Sagittarius A*.

È ben noto che il materiale in caduta nel vorace buco nero durante i suoi spuntini occasionali genera brillanti esplosioni di radiazione X e ultravioletta. L’osservatorio Chandra e il telescopio XMM-Newton dell’ESA hanno individuato prove di brillanti eruzioni generate in passato dal nucleo galattico, a partire da 6 milioni di anni fa. “Ci siamo domandati cosa queste eruzioni possano significare per i pianeti nelle vicinanze”, afferma John Forbes, un coautore. “Il nostro lavoro dimostra che il buco nero potrebbe cambiare drammaticamente l’esistenza di un pianeta”. Gli autori hanno considerato gli effetti della radiazione ad alta energia su pianeti localizzati entro 70 anni luce dal buco nero, con masse tra quella della Terra e quella di Nettuno. Hanno scoperto che la radiazione X e ultravioletta potrebbe spazzare via gran parte dell’atmosfera gassosa di tali pianeti. In alcuni casi questo processo si lascerebbe alle spalle solo un nucleo roccioso, portando alla formazione di oggetti come le super-Terre.

“Le super-Terre sono fra i pianeti più comuni al di fuori del Sistema Solare”, afferma il coautore Avi Loeb. “Il nostro studio dimostra che nel giusto ambiente potrebbero formarsi in modo davvero esotico”. I ricercatori ritengono che l’impatto del buco nero possa essere uno dei metodi di formazione più comuni delle super-Terre rocciose vicino al centro della Via Lattea. Anche se pianeti di questo genere fossero localizzati nella zona abitabile della loro stella, l’ambiente estremo costituirebbe una vera sfida per lo sviluppo della vita. Gli esopianeti infatti sarebbero colpiti da esplosioni di supernova e lampi di raggi gamma, che potrebbero danneggiare la chimica dell’atmosfera eventualmente rimasta sul pianeta roccioso, senza considerare l’effetto delle potenti emissioni provenienti dai dintorni del buco nero supermassiccio.

Queste super-Terre potrebbero anche essere soggette a disturbi gravitazionali dovuti a stelle di passaggio, che farebbero schizzare via il pianeta dalla sua orbita attorno alla stella madre. Infatti la regione del centro galattico è assai affollata di stelle. Gli astronomi ipotizzano che entro 70 anni luce dal cuore della Via Lattea la separazione media tra i mondi rocciosi potrebbe essere tra 75 e 750 miliardi di chilometri. Per confronto, la stella più vicina al Sistema Solare dista circa 40.000 miliardi di chilometri. Le sfide per rilevare direttamente questi pianeti sono formidabili: la distanza dal centro galattico, situato a circa 26000 anni luce dalla Terra, la regione affollata e la polvere interstellare frapposta che blocca la luce, rendono davvero difficile osservare simili pianeti. Sarà una sfida che verrà raccolta dalla prossima generazione di telescopi.
[ Barbara Bubbi ]

Credit: Harvard University

https://m.phys.org/news/2018-02-black-hole-blasts-mini-neptunes-rocky.html