Scoperto un Mostro Cosmico Primordiale

Scoperto un Mostro Cosmico Primordiale

Un team internazionale di astronomi ha scoperto il quasar più distante, e quindi più antico, ad oggi conosciuto, risalente a 13,03 miliardi di anni fa. L’impressionante buco nero al centro del quasar “pesa” ben 1,6 miliardi di Soli e divora una massa pari a 25 volte quella solare in un anno, una voracità che spiega la velocità estrema del plasma espulso dai dintorni del buco nero stesso. La scoperta sfida le teorie attuali relative alla formazione dei buchi neri giganti in tempi così remoti della storia universale.

Oltre ad essere il quasar più remoto conosciuto, l’oggetto, chiamato J0313-1806, è il primo del suo genere ad essere caratterizzato da un deflusso di gas super-caldo in uscita dalle regioni circostanti il buco nero, in viaggio a un quinto della velocità della luce. Le nuove osservazioni, inoltre, mostrano l’intensa attività di formazione stellare nella galassia in cui si annida il buco nero.

Data la loro luminosità estrema, i quasar possono essere individuati anche a grandi distanze da noi. Man mano che aumenta la distanza degli oggetti osservati, gli astronomi possono viaggiare indietro nel tempo, fino a raggiungere epoche risalenti agli albori del cosmo. La grande luminosità dei quasar è dovuta alla presenza di buchi neri supermassicci che divorano avidamente materia: il gas che vortica nel disco di accrescimento dei buchi neri giganti si riscalda enormemente e irradia incredibili quantità di energia. Il precedente record per il quasar più distante apparteneva ad un buco nero appena 20 milioni di anni luce più vicino a noi rispetto a questo, ma due volte meno “pesante”.

È noto che i buchi neri si formano in seguito alla morte esplosiva delle stelle massicce, quando la materia collassa in un oggetto estremamente denso da cui non può sfuggire neppure la luce. Un simile buco nero stellare può via via attirare materiale dall’ambiente circostante, diventando molto più massiccio, e, infine, può fondersi con altri buchi neri. L’intero processo è chiamato accrescimento. Ma la teoria dell’accrescimento non spiega i quasar estremamente lontani, e quindi primordiali. Sono stati osservati quasar luminosissimi, nuclei galattici attivi associati alla presenza di buchi neri supermassicci di dimensioni colossali, a distanze assai remote. Questi oggetti mostruosi pongono una problematica: come possono avere acquisito così tanta massa in così poco tempo, sin dall’alba dell’Universo? Il processo di crescita convenzionale, basato sull’accrescimento, è troppo lento per poter rappresentare una risposta convincente a questa domanda.

Il team ha calcolato che se il buco nero al centro del quasar J0313-1806 si fosse formato appena 100 milioni di anni dopo il Big Bang e fosse cresciuto il più rapidamente possibile, avrebbe dovuto avere all’inizio una massa di almeno 10.000 masse solari. “Questo vuol dire che il seme iniziale di questo buco nero deve essersi formato tramite un meccanismo differente “, afferma Xiaohui Fan dell’University of Arizona, coautore dello studio in via di pubblicazione su Astrophysical Journal Letters. “In questo caso, parliamo di un processo che coinvolge enormi quantità di idrogeno gassoso primordiale freddo, collassato direttamente in un seme di buco nero gigante”.

La formazione di un buco nero a collasso diretto, possibile solo nell’ambiente molto particolare del giovane Universo, inizia con un’immensa nube primordiale di idrogeno ed elio, diffusa in un mare di radiazione ultravioletta, che si comprime nel campo gravitazionale di un alone di materia oscura, in contemporanea alle fasi iniziali della formazione di una galassia. Il buco nero neonato impiegherebbe appena un milione di anni a formarsi: secondo alcuni modelli, il gas iniziale collasserebbe in una sorta di stella titanica, oltre centomila volte più massiccia del Sole, che in breve andrebbe soggetta a instabilità gravitazionale, collassando su se stessa fino a formare direttamente un buco nero massiccio.

La scoperta di questo quasar primordiale rappresenta un importante passo avanti per la cosmologia, dal momento che fornisce un forte vincolo sulle teorie di formazione dei buchi neri nel giovane Universo. Inoltre il quasar ci consente di dare un’occhiata alle caratteristiche di una galassia all’alba del cosmo. Secondo i modelli attuali di evoluzione delle galassie, i buchi neri supermassicci attivi nel loro centro dovrebbero rappresentare la causa principale della progressiva cessazione della formazione stellare nelle galassie che li ospitano. Agendo come “fiamme ossidriche” di proporzioni cosmiche, i voraci buchi neri supermassicci hanno effetti devastanti sull’ambiente circostante, deprivando la galassia di buona parte del gas freddo necessario per far nascere nuove stelle.

“Riteniamo che quei buchi neri supermassicci siano stati responsabili della cessazione della formazione stellare nelle grandi galassie, ad un certo punto della loro storia”, afferma Fan. “Osserviamo questo processo di assenza di formazione stellare a distanze più ravvicinate, ma sino ad oggi non sapevamo quanto fosse iniziato presto questo meccanismo nella storia dell’Universo”. Misurando la luminosità del quasar, il team ha calcolato che il buco nero gigante divora in media una quantità di massa pari a quella di 25 Soli ogni anno, una voracità che spiega l’elevata velocità del plasma che fluisce nella galassia, espulso dalle regioni immediatamente circostanti il buco nero.

La galassia che ospita il quasar sforna stelle ad un tasso prodigioso, pari a 200 masse solari per anno. Basti pensare che nella Via Lattea nascono nuove stelle al ritmo di una massa solare ogni anno. “Si tratta di un tasso elevato di formazione stellare, simile a quello osservato in altri quasar di età simile e ci informa sul fatto che la galassia sta crescendo molto rapidamente”, spiega Feige Wang, a guida dello studio. “Questi quasar probabilmente si trovano ancora nella fase di assemblaggio dei loro buchi neri supermassicci. Nel corso del tempo, il deflusso emesso dal buco nero riscalda e trascina via tutto il gas della galassia, fino a che il buco nero rimane privo di materiale da divorare e cessa di crescere. Questa scoperta rappresenta un esempio dei processi alla base della crescita delle galassie massicce primordiali e dei loro buchi neri”.

I ricercatori hanno scoperto il quasar tramite osservazioni con il telescopio Magellano all’Osservatorio Las Campanas in Cile. La speranza è quella di scoprire altri quasar ancora più distanti, tramite future osservazioni con il telescopio James Webb della NASA. “Tramite telescopi con base a terra, possiamo vedere soltanto una sorgente puntiforme”, conclude Wang. “Osservazioni future potrebbero rendere possibile risolvere il quasar con maggiore dettaglio, mostrando la struttura del suo deflusso e a che distanza si estende il vento nella galassia: questo potrebbe darci un’idea migliore del suo stadio evolutivo”.

CREDIT NOIRLab/NSF/AURA/J. da Silva

https://www.eurekalert.org/pub_releases/2021-01/uoa-mdq010821.php