23 Apr 2019 Il Nesso tra Quasar e Materia Oscura
Gli scienziati hanno utilizzato i dati del satellite Planck dell’ESA per svelare la connessione tra la luminosità dei quasar, brillanti nuclei di galassie attive, e la massa degli immensi aloni di materia oscura che li avvolgono. I risultati rappresentano una conferma importante per la nostra comprensione dell’evoluzione delle galassie nel corso della storia universale.
È noto che nel cuore di gran parte delle galassie si annida un buco nero supermassiccio, con una massa milioni o miliardi di volte quella solare. La maggioranza di questi mostri cosmici sono “dormienti”, ma altri sono attivi e divorano voracemente materiale dallo spazio circostante. Il processo di accrescimento fa sì che la materia nelle vicinanze del buco nero brilli in tutto lo spettro elettromagnetico: in effetti, i quasar sono tra le sorgenti più luminose dell’universo. Anche se non è ancora pienamente compreso il processo alla base dell’ “accensione” di questi divoratori insaziabili, è probabile che i quasar rivestano un ruolo importante nel regolare l’evoluzione delle galassie. Per questo motivo è fondamentale analizzare su vasta scala la relazione tra quasar, galassie che li ospitano e ambiente circostante. In uno studio guidato da James Geach dell’University of Hertfordshire, UK, gli scienziati hanno combinato i dati della missione Planck con quelli della più vasta campagna osservativa disponibile relativa ai quasar.
Secondo la teoria più accreditata, le galassie prendono forma nei densi nodi della rete cosmica, costituita da filamenti, composti per lo più da materia oscura. La distribuzione complessiva di materia ordinaria e oscura ha origine da minime fluttuazioni nell’Universo primordiale, che lasciano un’impronta nel fondo cosmico a microonde (Cosmic Microwave Background, CMB), la radiazione residua che permea il cosmo. La mappa di questi fotoni, risalenti a circa 380.000 anni dopo il Big Bang, è l’immagine dell’Universo neonato. Dai dati del satellite Planck relativi alla CMB abbiamo stimato la composizione dell’Universo: nel bilancio materia/energia vince l’energia oscura, con il 69 percento del totale, mentre la materia oscura conta per il 26 percento e alla materia ordinaria che conosciamo rimane appena il 5 percento. Della materia oscura conosciamo soltanto l’impatto gravitazionale che ha sui moti di stelle e galassie, mentre l’energia oscura viene considerata il fattore responsabile dell’espansione accelerata dell’Universo.
Inoltre, come previsto dalla Relatività Generale, gli oggetti massicci devìano il percorso della luce che li raggiunge. Tale fenomeno, noto come lente gravitazionale, ha influenza sulle misurazioni del fondo cosmico a microonde, che reca l’impronta della distribuzione su larga scala della materia attraversata dalla luce primordiale, lungo il suo percorso verso il satellite. “Sappiamo che le galassie si formano ed evolvono all’interno di un alone invisibile di materia oscura che non possiamo osservare direttamente, ma possiamo indagare sulle distorsioni impresse dal fenomeno della lente gravitazionale sul fondo cosmico a microonde, per saperne di più sulla materia oscura attorno alle galassie”, spiega Geach.
Il team ha analizzato l’ultima mappa ottenuta dai dati di Planck, resa pubblica come parte della Planck Legacy Release nel 2018, in combinazione con 200.000 quasar estratti dal campione più vasto mai ottenuto, della Sloan Digital Sky Survey. “Combinando i dati di Planck con un così ampio campione di quasar, possiamo misurare la massa degli aloni di materia oscura in cui sono avvolte le galassie che ospitano i quasar, e indagare sul modo in cui l’alone varia a seconda della luminosità dei quasar”, spiega Geach. Secondo le prime analisi, l’alone di materia oscura è tanto più massiccio quanto più è brillante il quasar. “È una prova evidente del fatto che esiste una correlazione tra la luminosità di un quasar, l’energia rilasciata nelle immediate vicinanze di un buco nero, e la massa dell’alone circostante di materia oscura, che si estende per decine di milioni di anni luce attorno al quasar”, aggiunge Geach.
Le scoperte supportano i modelli teorici della formazione dei quasar, che prevedono una correlazione tra la luminosità del quasar e la massa dell’alone, in particolare per quanto riguarda i quasar più luminosi, in cui i buchi neri accrescono materia al tasso massimo. Lo studio si è focalizzato su quasar remoti, osservabili come erano quando l’Universo aveva circa 4 miliardi di anni, in prossimità dell’epoca di picco della crescita dei buchi neri. In combinazione con osservazioni più profonde relative ai quasar, i dati di Planck permetteranno in futuro agli scienziati di ampliare le loro indagini fino a epoche ancora più remote, quando si formarono i primi quasar.
[ Barbara ]
Nell’immagine rappresentazione artistica di un quasar
Illustration: NASA/CXC/M.Weiss