MUSE Rivela Segreti Inesplorati dell’Hubble Ultra Deep Field

MUSE Rivela Segreti Inesplorati dell’Hubble Ultra Deep Field

 

Utilizzando lo strumento MUSE sul Very Large Telescope dell’ESO gli astronomi hanno condotto la più profonda survey spettroscopica di sempre. Basandosi sulla famosa immagine del Campo Ultra-profondo di Hubble (Hubble Ultra Deep Field) hanno misurato distanze e proprietà di 1600 galassie molto deboli, incluse 72 galassie che non erano mai state individuate prima, nemmeno da Hubble.

Questo straordinario insieme di dati ha avuto come risultato la pubblicazione di 10 articoli scientifici su un numero speciale di Astronomy & Astrophysics. Il nuovo patrimonio di informazioni sta fornendo agli astronomi indizi fondamentali sulla formazione stellare in atto nell’Universo primordiale e consente di studiare i moti e altre proprietà di galassie primordiali, grazie alle capacità di MUSE.

Un team di scienziati, guidato da Roland Bacon del Centre de recherche astrophysique de Lyon (CNRS/Université Claude Bernard Lyon 1/ENS de Lyon), Francia, ha utilizzato MUSE per osservare il famoso Campo Ultra-profondo di Hubble, la ripresa di una piccola regione di spazio nella Costellazione della Fornace contenente ben diecimila galassie, che si è rivelata la più profonda immagine dell’Universo in luce visibile, dal momento che permette di guardare indietro nel tempo fino a 13 miliardi di anni fa. I ricercatori in questo modo hanno ottenuto le osservazioni spettroscopiche più profonde mai realizzate e ricavato informazioni senza precedenti su 1600 galassie. Inoltre, nonostante la profondità dell’immagine di Hubble, MUSE ha rivelato 72 galassie che non erano mai state osservate prima in questa piccola area di cielo.

“MUSE può fare qualcosa che Hubble non può fare: suddivide la luce da ogni punto dell’immagine nei colori che la compongono per ricavare uno spettro. Questo ci permette di misurare distanza e altre proprietà di tutte le galassie che possiamo osservare, incluse alcune invisibili perfino da Hubble”, ha detto Roland Bacon. Sono stati ricavati dati di galassie deboli e molto distanti, visibili come erano 13 miliardi di anni fa, quasi all’inizio dell’Universo, rilevando galassie 100 volte più deboli rispetto a quelle individuate in survey precedenti, aggiungendole a un campo già molto studiato e approfondendo la nostra comprensione dello sviluppo delle galassie nel corso del tempo.

La survey ha identificato 72 candidate galassie la cui luce brilla nella riga Lyman-alfa (un tipo di radiazione prodotta dall’idrogeno nel campo ultravioletto quando un elettrone passa da un livello eccitato di energia a quello fondamentale). La nostra attuale comprensione della formazione stellare non può spiegare completamente queste galassie, ma dal momento che MUSE disperde la luce nei suoi colori componenti, questi oggetti diventano visibili, mentre rimangono invisibili in immagini come quella di Hubble.

“MUSE ha la capacità unica di estrarre informazioni su alcune delle galassie più giovani dell’Universo, persino in una parte di cielo che è già stata ben studiata”, spiega Jarle Brinchmann, a guida di uno degli studi. “Impariamo cose su queste galassie che è possibile sapere solo con l’utilizzo della spettroscopia, come il contenuto chimico e i moti interni, e non galassia per galassia, ma per tutte le galassie insieme!”.

Un’altra scoperta importante di questo studio è stata la rilevazione sistematica di aloni luminosi di idrogeno attorno a galassie del giovane Universo, il che fornisce agli astronomi una nuova strada promettente per studiare come il materiale fluisce all’interno e all’esterno delle prime galassie. Molte altre applicazioni importanti di questo insieme di dati vengono analizzate nella serie di articoli e includono lo studio del ruolo delle galassie deboli durante la reionizzazione cosmica (iniziata appena 380.000 anni dopo il Big Bang), il tasso di fusione tra galassie nel giovane Universo primordiale così come la mappatura dei moti delle stelle nel cosmo primordiale.
[ Barbara Bubbi ]

http://www.eso.org/public/news/eso1738/?lang

L’Hubble Ultra Deep Field osservato con MUSE
Credit: ESO/MUSE HUDF collaboration