Un buco nero a dieta stretta

Un buco nero a dieta stretta

Gli astronomi hanno risolto il mistero del comportamento imprevedibile di un buco nero supermassiccio al centro di una galassia. I dati combinati dell’osservatorio Chandra e di altri telescopi suggeriscono che il buco nero stia attraversando tempi difficili e non abbia più il carburante necessario per illuminare i suoi dintorni.

Molte galassie hanno un nucleo estremamente brillante, dovuto a materiale in caduta verso un buco nero supermassiccio. I nuclei galattici attivi (active galactic nuclei, AGN) sono fra gli oggetti più luminosi dell’Universo. Gli astronomi classificano questi nuclei in due tipi principali basati sulle proprietà della luce che emettono, con un tipo che tende ad essere più brillante dell’altro. Si ritiene inoltre che la luminosità dipenda da uno o entrambi questi fattori: oscuramento da parte di gas e polvere circostante o affievolimento intrinseco perché il tasso di nutrimento del buco nero è basso.

Sono stati osservati AGN che cambiavano tra queste due tipologie nel corso di un decennio, un batter d’occhio in termini astronomici. Tuttavia, il nucleo galattico attivo associato alla galassia Markarian 1018 è un esempio particolare, in quanto ha cambiato due volte, da debole a brillante negli anni ’80, per poi tornare ad essere debole negli ultimi anni. Questo tipo di cambiamento ciclico e stato osservato pochissime volte, ma mai in precedenza è stato studiato con un simile dettaglio. Durante il secondo cambiamento il nucleo galattico attivo associato a Markarian 1018 è diventato otto volte più debole nei raggi X tra il 2010 e il 2016.

Dopo aver scoperto la natura volubile del sistema grazie ad una survey con il Very Large Telescope dell’ESO, gli astronomi hanno richiesto e ottenuto tempo di osservazione con l’osservatorio Chandra e il telescopio Hubble. Il grafico mostra l’AGN in luce ottica dal VLT (a sinistra) insieme ad un’immagine nei raggi X di Chandra della regione centrale della galassia che mostra la sorgente (a destra).

Dati da telescopi a terra hanno permesso ai ricercatori di escludere lo scenario secondo cui l’aumento di luminosità dell’AGN potrebbe essere provocato dalla distruzione e dal consumo di una stella da parte del buco nero. I dati del VLT mettono anche in dubbio la possibilità che oscuramento dovuto a gas e polveri provochi cambiamenti nella luminosità.

Tuttavia, il reale meccanismo responsabile della sorprendente variazione di comportamento è rimasto un mistero fino a che non sono stati analizzati i dati di Chandra e Hubble. Le osservazioni di Chandra hanno dimostrato che l’oscuramento dovuto a gas non è responsabile del calo di luminosità. Invece i modelli hanno dimostrato che l’AGN si è indebolito perché il buco nero era affamato, a corto di materiale in caduta. Questa inedia può spiegare anche il calo di luminosità nei raggi X.

Una possibile spiegazione per questa mancanza di alimentazione è che il flusso del carburante sia stato interrotto. Questa interruzione potrebbe essere stata causata da interazioni con un secondo buco nero supermassiccio nel sistema, un processo possibile dal momento che la galassia è il prodotto di una collisione e fusione tra due grandi galassie, ognuna delle quali probabilmente conteneva nel suo centro un buco nero supermassiccio.

I due studi che descrivono questi risultati, uno a guida di Bernd Husemann (Max Planck Institute for Astronomy) e l’altro a guida di Rebecca McElroy (University of Sydney), sono stati pubblicati su Astronomy & Astrophysics.

9http://www.nasa.gov/mission_pages/chandra/starvation-diet-for-black-hole-dims-brilliant-galaxy.html

Image credit: X-ray: NASA/CXC/Univ. of Sydney/R.McElroy et al, Optical: ESO/CARS Survey