Gli Echi di Luce del Buco Nero

Gli Echi di Luce del Buco Nero

Utilizzando il Neutron star Interior Composition Explorer (NICER) a bordo della Stazione Spaziale, gli scienziati hanno analizzato il complesso ambiente di un buco nero di massa stellare intento a divorare una stella compagna. Gli “echi luminosi” di radiazione X riflessi dal gas vorticante vicino al buco nero hanno rivelato cambiamenti nella forma e nella dimensione del materiale nell’ambiente. Lo studio è pubblicato su Nature.

NICER ha rilevato radiazione X da un buco nero scoperto recentemente, MAXI J1820+070 (J1820 in breve), con massa 10 volte quella solare e situato a 10.000 anni luce di distanza in direzione della Costellazione del Leone. “NICER ci ha permesso di misurare echi di luce più vicino che mai a un buco nero di massa stellare”, spiega Erin Kara del Goddard Space Flight Center della NASA. “In precedenza questi echi luminosi emessi dal disco di accrescimento interno sono stati rilevati solo in buchi neri supermassicci, che hanno masse da milioni a miliardi di volte quella del Sole e cambiano gradualmente. I buchi neri stellari come J1820 hanno masse molto più piccole ed evolvono molto più rapidamente, quindi possiamo osservare i cambiamenti su tempi scala umani”.

La stella compagna del vorace buco nero è stata identificata dalla missione Gaia dell’ESA, ma gli astronomi non si erano accorti della presenza del buco nero fino al Marzo 2018, quando è stata individuata un’eruzione dallo strumento Monitor of All-sky X-ray Image (MAXI) della Japan Aerospace Exploration Agency, sempre a bordo della Stazione Spaziale. In pochi giorni J1820, da buco nero sconosciuto, è diventato una delle sorgenti di raggi X più brillanti in cielo. Un buco nero è in grado di sottrarre gas da una vicina stella compagna, raccogliendolo in un anello circostante chiamato disco di accrescimento. Le forze gravitazionali e magnetiche riscaldano il disco a milioni di gradi, rendendolo sufficientemente caldo da produrre radiazione X nelle parti più vicine al buco nero. Le eruzioni avvengono quando un’instabilità nel disco fa sì che un flusso massiccio di gas precipiti verso il buco nero.

Al di sopra del disco si trova la corona, una regione di particelle a temperature attorno a un miliardo di gradi Celsius, che brilla nei raggi X ad alta energia. Rimangono molti misteri insoluti sull’origine e sull’evoluzione della corona. Secondo alcune teorie questa struttura potrebbe rappresentare una forma precoce dei getti ad alta velocità spesso espulsi da questi sistemi. Se gli scienziati riuscissero a capire meglio come avvengono i cambiamenti nella forma e nella dimensione del bordo interno del disco e della corona, man mano che il buco nero divora materiale, queste informazioni potrebbero aiutarci a comprendere l’evoluzione dei buchi neri in generale e il loro influsso sulla galassia ospite.

Uno dei metodi utilizzati è la mappatura del riverbero di raggi X, che utilizza le riflessioni della radiazione X in modo simile a quello che fanno i sonar con le onde sonore, mappando le profondità marine. Parte dei raggi X emessi dalla corona viaggiano verso di noi, mentre altri colpiscono il disco e vengono riflessi a varie energie e angolazioni. Il metodo, utilizzato coi buchi neri supermassicci, ha dimostrato che il bordo interno del disco di accrescimento è molto vicino all’orizzonte degli eventi, il punto di non ritorno, e che la corona è compatta. Il buco nero J1820, contrariamente alle aspettative, si comporta in modo analogo.

In base ai dati di NICER, il team ha osservato una diminuzione nel lasso di tempo tra il lampo iniziale di raggi X proveniente direttamente dalla corona e l’eco di luce riflesso dal disco, a indicare che la radiazione X ha viaggiato lungo distanze sempre più corte prima di essere riflessa. Secondo i ricercatori la corona si è ristretta verticalmente da circa 150 a 15 chilometri. In pratica durante l’osservazione dell’emissione, il lasso di tempo tra gli echi riflessi diventava sempre più breve, pertanto era evidente la riduzione della distanza tra il disco e la corona.

“È la prima volta che osserviamo questo tipo di restringimento della corona durante la fase particolare dell’evoluzione di un’eruzione”, spiega Jack Steiner del Massachusetts Institute of Technology. “La corona rimane ancora alquanto misteriosa, e abbiamo una comprensione ridotta del suo funzionamento. Ma ora abbiamo la prova che ciò che evolve nel sistema è la struttura della corona stessa”. “Le osservazioni di NICER relative a J1820 ci hanno insegnato qualcosa di nuovo sui buchi neri di massa stellare e su come potrebbero essere utilizzati come analoghi per studiare i buchi neri supermassicci e i loro effetti sulla formazione delle galassie. Abbiamo osservato quattro eventi simili nel primo anno di NICER, ed è straordinario. Sembra che siamo prossimi a una grande svolta nell’astronomia a raggi X”, conclude Philip Uttley dell’University of Amsterdam.
[ Barbara ]

Nell’immagine rappresentazione artistica del buco nero e della stella compagna, insieme con il disco di accrescimento (in arancio) e la corona (in blu)
Credit Aurore Simonnet and NASA’s Goddard Space Flight Center

https://www.nasa.gov/feature/goddard/2019/nasa-s-nicer-mission-maps-light-echoes-of-new-black-hole