L’Epopea di una Stella Divorata da un Buco Nero

L’Epopea di una Stella Divorata da un Buco Nero

Circa 290 milioni di anni fa una stella molto simile al Sole si è avventurata troppo vicino al buco nero centrale della sua galassia. L’implacabile stretta gravitazionale ha fatto a pezzi la stella, producendo un’intensa emissione nella banda ottica, ultravioletta e nei raggi X che ha raggiunto per la prima volta la Terra nel 2014. Ora gli scienziati del MIT e della Johns Hopkins University hanno individuato segnali radio dovuti all’evento, che costituirebbero la prova della presenza di un getto gigantesco espulso mentre il materiale precipitava verso l’interno del divoratore cosmico.

L’11 Novembre 2014 una rete globale di telescopi ha individuato segnali provenienti da quasi 300 milioni di anni luce di distanza e creati da un evento di distruzione mareale, un’esplosione di energia che avviene quando un buco nero distrugge una stella di passaggio. Fin dal momento della scoperta, gli astronomi hanno indirizzato altri telescopi su questo evento molto raro per apprendere maggiori informazioni sul modo in cui i buchi neri divorano materia e regolano la crescita delle galassie.

Ora gli scienziati hanno individuato segnali radio seguiti all’evento distruttivo che corrispondono molto bene alle emissioni di radiazione X dello stesso flare, con 13 giorni di ritardo. Il team ritiene che gli “echi radio” siano la prova della presenza di un getto gigantesco di particelle ad alta energia espulso dal buco nero man mano che il materiale stellare cadeva verso il divoratore cosmico.

Secondo Dheeraj Pasham del Kavli Institute for Astrophysics and Space Research al MIT le fluttuazioni molto simili dei due tipi di segnali suggeriscono che la potenza del getto espulso dal buco nero sia in qualche modo controllata dal tasso a cui il buco nero sta divorando la stella distrutta. “Questo ci dice che il tasso di accrescimento del buco nero sta controllando la forza del getto prodotto”, afferma Pasham. “Un buco nero ben alimentato produce un forte getto, mentre un buco nero malnutrito produce un getto debole o nessun getto”. Gli scienziati avevano già ipotizzato che i getti del buco nero fossero alimentati dal tasso di accrescimento, ma non erano mai stati in grado di derivare direttamente questa relazione da un singolo evento. Lo studio relativo è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.

L’immensa gravità di un buco nero è in grado di fare a pezzi una stella che si avvicina troppo; nel corso del catastrofico evento una pioggia di detriti stellati cade verso il vorace divoratore e si raccoglie in un disco di accrescimento attorno al buco nero, che lo alimenta. L’interno processo genera colossali esplosioni di energia in tutto lo spettro elettromagnetico. Gli scienziati hanno osservato queste eruzioni in banda ottica, ultravioletta, X, e occasionalmente in banda radio. Si ritiene che la sorgente dell’emissione di raggi X sia il materiale ultracaldo nelle regioni più interne del disco di accrescimento, mentre le emissioni ottica e ultravioletta probabilmente sorgono da materiale più esterno nel disco, che alla fine verrà trascinato verso il buco nero. Tuttavia il meccanismo alla base dell’emissione radio durante un evento di distruzione mareale è ancora oggetto di dibattito.

“Sappiamo che le onde radio derivano da elettroni energetici che si muovono in un campo magnetico”, ha detto Pasham. “Ma da dove provengono questi elettroni?”. Alcuni scienziati propongono che, nei momenti successivi alla distruzione stellare, un’onda d’urto si propaghi verso l’esterno ed energizzi le particelle di plasma nell’ambiente circostante. In uno scenario di questo tipo, però, il pattern delle onde radio emesse apparirebbe radicalmente differente da quello dei raggi X. “Quello che abbiamo scoperto sfida questa ipotesi alla base”, afferma Pasham.

Il team ha analizzato i dati registrati in seguito a un flare dovuto alla distruzione di una stella e scoperto nel 2014 dalla rete di telescopi ASASSN (All-sky Automated Survey for Supernovae), un evento chiamato ASASSN-14li. Analizzando i dati in banda radio i ricercatori hanno scoperto una chiara somiglianza con i dati dello stesso evento in banda X: le stesse fluttuazioni nello spettro a raggi X sono apparse 13 giorni più tardi in banda radio. Quindi deve esserci un processo fisico che connette il flusso di materiale in caduta a cui è dovuta l’emissione di raggi X con la regione che emette in banda radio.

Dai dati il team ha calcolato la dimensione della regione da cui provengono i raggi X, che risulta circa 25 volte la dimensione del Sole, mentre la regione sorgente delle onde radio ha un raggio circa 400.000 volte quello solare.  Secondo i ricercatori le onde radio sono state prodotte da un getto di particelle ad alta energia che ha iniziato a fuoriuscire dalle regioni circostanti il buco nero dopo che il mostro cosmico ha iniziato ad assorbire materiale della stella morta. Dal momento che la regione del getto in cui si sono formate per la prima volta queste onde radio era incredibilmente densa, gran parte delle onde radio è stata immediatamente assorbita da altri elettroni. È solo quando gli elettroni hanno viaggiato lungo il getto che le onde radio sono sfuggite, producendo il segnale che è stato alla fine rilevato dagli scienziati. Quindi la lunghezza del getto deve essere controllata dal tasso di accrescimento, o dalla velocità a cui il buco nero consuma i detriti stellari. I risultati possono aiutare gli scienziati a caratterizzare la fisica del comportamento dei getti e di eventi cataclismici come questo, nonchè a semplificare e meglio comprendere i modelli che descrivono l’evoluzione delle galassie.
[ Barbara Bubbi ]

Nell’immagine rappresentazione artistica di un getto proveniente da un buco nero attivo
Credit: ESO/L. Calçada

https://phys.org/news/2018-03-scientists-radio-echoes-black-hole.html

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