Nuove Rivelazioni sui Getti dei Buchi Neri

Nuove Rivelazioni sui Getti dei Buchi Neri

Un team di scienziati guidato dall’University of Southampton ha portato nuova luce su un fenomeno astrofisico ancora misterioso, l’emissione di getti potenti ed energetici dalle vicinanze di un buco nero, misurando la distanza percorsa dalle particelle nei getti prima di iniziare ad “accendersi” e brillare dopo essere state espulse. Lo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy.

I buchi neri sono famosi per essere frenetici divoratori di materia, ma non ingurgitano tutto ciò che cade verso di loro: una piccola porzione di materiale viene espulso sotto forma di potenti getti di plasma caldo, che possono gettare scompiglio nell’ambiente circostante. Lungo la strada questo plasma in qualche modo si energizza abbastanza da irradiare fortemente luce, formando due colonne brillanti lungo l’asse di rotazione del buco nero. Gli scienziati hanno indagato a lungo su dove e come questo fenomeno possa avvenire nel getto.

Utilizzando il telescopio NuSTAR della NASA e la camera  ULTRACAM montata sull’osservatorio William Herschel a La Palma, gli scienziati sono stati in grado di misurare la distanza che le particelle nei getti raggiungono prima di “accendersi” e diventare sorgenti brillanti di luce. Questa distanza si chiama zona di accelerazione.

Gli scienziati hanno osservato due sistemi binari a raggi X presenti nella Via Lattea, ognuno formato da un buco nero che divora materiale da una normale stella. Hanno studiato questi sistemi in momenti differenti durante periodi di outburst, cioè quando il disco di accrescimento, formato dalla materia catturata dalla stella attorno al buco nero, inizia a riscaldarsi all’avvicinarsi al buco nero e si illumina.

Un sistema, V404 Cygni, formato da un buco nero con massa di circa 10 volte quella solare e una stella compagna e situato a soli 8000 anni luce di distanza, ha raggiunto quasi la luminosità di picco quando gli scienziati lo hanno osservato nel Giugno 2015. L’altra binaria X, chiamata GX 339-4, era a meno dell’1 percento della massima luminosità attesa quando è stata osservata. La stella e il buco nero di GX 339-4 sono molto più vicini rispetto a quelli nel sistema V404 Cygni. Nonostante le loro differenze, i sistemi hanno mostrato tempi di ritardo simili, circa un decimo di un secondo, tra quando NuSTAR ha rilevato la radiazione X e ULTRACAM ha rilevato lampi in luce visibile lievemente più tardi. Si tratta di un ritardo pari a meno del tempo di un battito di ciglia, ma significativo per la fisica dei getti dei buchi neri.

“Una possibilità è che la fisica del getto non sia determinata dalla dimensione del disco, ma invece da velocità, temperatura e altre proprietà di particelle alla base del getto”, ha detto Poshak Gandhi dell’University of Southampton, a guida dello studio. La teoria più probabile che gli scienziati hanno a disposizione per spiegare questi risultati è che la radiazione X abbia origine da materiale molto vicino al buco nero. Forti campi magnetici accelerano parte di questo materiale ad alte velocità lungo il getto. Da questo fenomeno derivano particelle che collidono a velocità prossime a quella della luce, energizzando il plasma fino a che inizia ad emettere il fascio di luce ottica catturato da  ULTRACAM.

Dove accade questo fenomeno nel getto? Una risposta a questa domanda può essere fornita dal ritardo misurato tra la luce ottica e i raggi X: sapendo che la velocità delle particelle è prossima a quella della luce, gli scienziati possono determinare la distanza raggiunta. La misurazione ricavata di circa 30.000 chilometri rappresenta la zona di accelerazione interna nel getto, in cui il plasma subisce l’accelerazione più forte, “si accende” ed emette luce. Si tratta di meno di tre volte il diametro della Terra, ben poco in termini cosmici, specialmente considerando che il buco nero in V404 Cygni ha una massa di 3 milioni di Terre messe insieme.

I risultati sembrano coerenti con ciò che gli scienziati sanno dei buchi neri supermassicci, molto più grandi di quelli relativi a questo studio. In un sistema supermassiccio chiamato BL Lacertae, con buco nero della massa di 200 milioni di masse solari, gli scienziati hanno ricavato tempi di ritardo milioni di volte maggiori a quelli misurati in questa ricerca. Questo implica che la dimensione dell’area di accelerazione dei getti è probabilmente in relazione con la massa del buco nero. Il prossimo passo sarà confermare questi dai con osservazioni di altri sistemi binari a raggi X e così sviluppare teorie che possano mettere in relazione getti di buchi neri di ogni dimensione.
[ Barbara Bubbi ]

https://www.nasa.gov/feature/jpl/nustar-probes-black-hole-jet-mystery

Credits: NASA/JPL-Caltech