La Rapida crescita dei primi buchi neri supermassicci

La Rapida crescita dei primi buchi neri supermassicci

Un team di astronomi ha scoperto 12 quasar remoti circondati da enormi riserve di gas. Simili aloni di denso idrogeno gassoso potrebbero aver costituito la sorgente primaria per sostenere la crescita dei giganteschi buchi neri individuati nell’Universo primordiale. Lo studio relativo è pubblicato su The Astrophysical Journal.

Data la loro luminosità estrema, i quasar possono essere individuati anche a grandi distanze da noi. Man mano che aumenta la distanza degli oggetti osservati, gli astronomi possono viaggiare indietro nel tempo, fino a raggiungere epoche risalenti agli albori del cosmo. La grande luminosità dei quasar è dovuta alla presenza di buchi neri supermassicci che divorano avidamente materia: il gas che vortica nel disco di accrescimento dei buchi neri giganti si riscalda enormemente e irradia possenti quantità di energia.

Sono stati individuati quasar risalenti a poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang. Uno dei misteri ancora da risolvere in astrofisica è comprendere come simili mostri possano aver raggiunto masse tanto enormi in così breve tempo, non molto tempo dopo la nascita delle prime stelle. In aggiunta, le galassie che ospitano questi giganteschi buchi neri attivi formano nuove stelle ad un tasso 100 volte superiore rispetto alla Via Lattea e ad altre galassie nelle vicinanze. Simulazioni realizzate dagli scienziati hanno portato a ipotizzare che, per ottenere simili performance, le giovani galassie dovrebbero utilizzare costantemente grandi quantità di gas proveniente dal mezzo intergalattico, tanto da essere avvolte in gigantesche nubi di idrogeno.

Nell’ambito del progetto REQUIEM (Reionization Epoch QUasar InvEstigation with MUSE) un team di astronomi ha cercato la presenza di nubi gassose attorno a quasar assai remoti, già esistenti quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni di età. Un esame dei primi 31 oggetti ha portato alla rilevazione di 12 nubi di idrogeno sorprendentemente estese e dense, tutte circostanti i quasar e legate ad essi gravitazionalmente. L’enorme quantità di gas è sufficiente ad alimentare l’attività dei quasar e la frenetica formazione di nuove stelle. Gli immensi aloni di idrogeno freddo e denso si estendono per ben 100.000 anni luce al di là del buco nero centrale e hanno masse pari a miliardi di volte quella del Sole. Una tale riserva di gas fornisce la sorgente perfetta per sostenere la crescita dei buchi neri supermassicci nell’universo primordiale.

Gli astronomi hanno scoperto le nubi di idrogeno grazie al loro bagliore caratteristico in luce ultravioletta e le hanno analizzate tramite lo spettrografo MUSE (Multi Unit Spectroscopic Explorer) sul Very Large Telescope (VLT) dell’ESO. “La spiegazione più probabile per il bagliore del gas è il meccanismo della fluorescenza”, spiega Emanuele Paolo Farina del Max Planck Institute for Astronomy (MPIA). “L’idrogeno converte la radiazione energetica del quasar in luce ad una specifica lunghezza d’onda, evidente tramite un bagliore”.

È soltanto grazie allo sviluppo di strumenti nuovi e potenti che possiamo studiare le condizioni esistenti all’inizio dell’evoluzione dei primi buchi neri supermassicci e delle prime galassie. “La scoperta di queste estese nubi di idrogeno gassoso è un passo importante verso la comprensione dei processi che hanno portato i buchi neri a crescere nel giro di poche centinaia di milioni di anni dall’apparizione delle prime stelle”, conclude Farina.

La rappresentazione artistica ritrae un alone gassoso circostante un quasar dell’Universo primordiale. Il quasar, in arancio, sfoggia due getti potenti e un buco nero supermassiccio al suo centro, circondato da un disco di polveri. L’alone di idrogeno gassoso brillante è mostrato in blu.
Credit: ESO/M. Kornmesser

https://www.mpia.de/news/science/2019-12-firstquasars