Titani in Via di Collisione

Titani in Via di Collisione

Gli astronomi hanno individuato una mostruosa accoppiata di buchi neri, ognuno dei quali più massiccio di 800 milioni di Soli, in una galassia a 2,5 miliardi di anni luce di distanza. La collisione di simili oggetti estremi è in grado di creare onde gravitazionali milioni di volte più potenti rispetto a quelle rilevate da LIGO e Virgo. Sulla base della scoperta, i ricercatori hanno stimato che entro i prossimi cinque anni sarà possibile rilevare il fondo di onde gravitazionali prodotte dalla fusione di buchi neri giganti, a meno che il cosiddetto “problema dell’ultimo parsec” non si riveli insormontabile.

La galassia stessa deriva da una fusione tra due galassie, ognuna dotata del proprio buco nero supermassiccio. Anche se gli astronomi hanno osservato molteplici galassie in via di fusione, nessuno è mai riuscito a catturare lo scontro di una coppia di buchi neri supermassicci. Eppure “i buchi neri supermassicci binari in fusione producono le onde gravitazionali più potenti dell’Universo”, afferma Chiara Mingarelli del Flatiron Institute, tra gli autori dello studio. Il team, guidato da Andy Goulding at Princeton University, ha pubblicato l’articolo relativo su Astrophysical Journal Letters.

Gli astronomi hanno individuato i due titani grazie a osservazioni del telescopio Hubble. Anche se i buchi neri supermassicci non sono direttamente visibili, sono circondati da brillanti addensamenti di stelle luminose e gas caldo, intrappolato nella loro stretta gravitazionale. Nel caso oggetto dello studio, il nucleo della galassia è circondato da due pennacchi gassosi insolitamente colossali. Dopo aver diretto il telescopio Hubble sulla regione, gli astronomi hanno scoperto che il sistema contiene non uno, ma due buchi neri titanici.

Le coppie di buchi neri giganti sono in grado di emettere onde gravitazionali milioni di volte più potenti rispetto a quelle rilevate da interferometri come LIGO. D’altronde, la fusione di due buchi neri supermassicci avviene nel corso di un processo alquanto differente rispetto a quello in atto per i buchi neri di massa stellare. Durante la fusione di due grandi galassie, i buchi neri supermassicci nel loro cuore finiscono generalmente per orbitare uno attorno all’altro, avvicinandosi via via nel corso di un lungo periodo di tempo. Progressivamente l’orbita si restringe, e i buchi neri si avvicinano sempre di più, man mano che gas e stelle passano tra di loro, sottraendo energia alla coppia. Una volta che i due mostruosi oggetti arrivano sufficientemente vicini, questo “furto energetico” ha praticamente termine.

Secondo alcune teorie, quando i buchi neri raggiungono una determinata distanza reciproca (1 parsec, circa 3.2 anni luce), si stabilizzano in una sorta di situazione di stallo, continuando a orbitare indefinitamente uno attorno all’altro: la questione è nota come “problema dell’ultimo parsec”. In base a questo scenario, soltanto rari gruppi formati da tre o più buchi neri supermassicci possono arrivare a fondersi. I due buchi neri giganti oggetto dello studio si trovano ad una distanza di circa 2,5 miliardi di anni luce dalla Terra: questo implica che li stiamo osservando come erano 2 miliardi e mezzo di anni fa. Attualmente, in base alle previsioni stimate per la tempistica dello scontro, i buchi neri stanno già iniziando a produrre potenti onde gravitazionali, ma tali increspature ci raggiungeranno soltanto tra miliardi di anni. Così come li osserviamo, i due buchi neri sono ancora distanti tra loro circa 430 parsec.

Date le vaste distanze che ci separano da galassie come questa, con gli attuali telescopi non siamo in grado di individuare la presenza di buchi neri separati da una distanza nell’ordine di un parsec: i due buchi neri si confonderebbero in un unico oggetto. Inoltre, i due colossi in via di collisione non producono forti onde gravitazionali fino a che la loro distanza reciproca non supera la suddetta barriera del parsec finale. In effetti, gli astronomi ritengono che, se il problema dell’ultimo parsec non avesse un reale fondamento, l’Universo dovrebbe essere pieno del clamore di onde gravitazionali derivanti da molteplici coppie di buchi neri supermassicci in fusione. “Questo rumore viene chiamato fondo di onde gravitazionali, ed è un po’ come un coro caotico di grilli che friniscono nella notte”, spiega Goulding. “È impossibile distinguere il singolo canto di un grillo, ma il volume del rumore permette di stimare quanti stiano cantando”.

Nell’immagine la galassia oggetto dello studio, al cui centro si annida una coppia di buchi neri circondati da gas caldo (nell’inserto) CREDIT A.D. Goulding et al./Astrophysical Journal Letters 2019

Rilevare il “rumore di fondo” delle onde gravitazionali potrebbe risolvere alcune questioni fondamentali in astronomia, come la frequenza delle fusioni galattiche e l’evoluzione dei buchi neri supermassicci. Le onde gravitazionali generate da coppie di buchi neri supermassicci sono al di fuori delle frequenze attualmente rilevabili da esperimenti come LIGO e Virgo. Tuttavia, gli astronomi possono ricorrere a particolari oggetti come le pulsar, per andare a caccia del clamore dei buchi neri giganti. Le pulsar derivano dalla morte esplosiva di stelle massicce: sono stelle di neutroni in rapida rotazione, la cui radiazione elettromagnetica è osservata come impulsi emessi ad intervalli estremamente regolari. Potenti onde gravitazionali di passaggio modificano lo spazio-tempo, influenzando di conseguenza, per quanto in ridotta misura, il segnale regolare che riceviamo dalle pulsar. Le variazioni nel segnale potrebbero permettere agli astronomi di rilevare il fondo di onde gravitazionali, riuscendo così a individuare evidenze di fusioni avvenute tra buchi neri supermassicci, nonchè a stimare più accuratamente la frequenza di tali eventi estremi.

Interpretando la scoperta della titanica accoppiata di mostri nel contesto del fondo di onde gravitazionali, gli scienziati hanno ricavato una stima aggiornata della quantità di coppie di buchi neri supermassicci situati a distanze tali da essere rilevabili da terra. I risultati prevedono che, in uno scenario ottimistico, ci siano circa 112 buchi neri supermassicci binari non troppo lontani, in grado di emettere forti onde gravitazionali: un numero che ci permetterebbe di rilevare il fondo di onde gravitazionali entro i prossimi cinque anni, o di scoprire che il problema del parsec finale è effettivamente insormontabile, in caso di assenza di una simile rilevazione.
[ Barbara ]

Nell’immagine rappresentazione artistica di un buco nero supermassiccio binario
Credit: p. Marenfeld and NOAO/AURA/NSF

https://eurekalert.org/pub_releases/2019-07/sf-pos071019.php