Un algoritmo per riprodurre un buco nero

Un algoritmo per riprodurre un buco nero

Ricercatori del Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory al MIT e dell’Harvard University hanno sviluppato un nuovo algoritmo che potrebbe aiutare gli astronomi a produrre la prima immagine di un buco nero.

L’algoritmo metterebbe insieme i dati raccolti da radiotelescopi sparsi in tutto il mondo, sotto l’egida di una collaborazione internazionale chiamata Event Horizon Telescope. Il progetto mira, in sostanza, a trasformare l’intero pianeta in un grande radiotelescopio.

“Le lunghezze d’onda radio presentano molti vantaggi”, dice Katie Bouman, del MIT, che ha guidato lo sviluppo del nuovo algoritmo. “Proprio come passano attraverso i muri, sono in grado di scrutare al di là della polvere galattica. Non potremmo mai osservare il centro della nostra galassia a lunghezze d’onda visibili perché c’è troppo materiale di mezzo”. Ma le onde radio richiedono anche grandi antenne paraboliche e attualmente la più grande al mondo ha un diametro di 300 metri.

“Un buco nero è molto, molto lontano e molto compatto”, afferma Bouman. “È come riprendere l’immagine di un pompelmo sulla Luna, ma con un radiotelescopio. Osservare qualcosa di così piccolo nelle onde radio significa avere bisogno di un telescopio con diametro di 10.000 chilometri, il che non è pratico, dal momento che il diametro della Terra non arriva a 13.000 chilometri”.

La soluzione adottata dal progetto Event Horizon Telescope è di coordinare le misure effettuate da radiotelescopi in posizioni molto differenti. Attualmente, sei osservatori hanno firmato per partecipare al progetto, anche se ce ne sono altri propensi a partecipare. Ma persino con il doppio di telescopi a disposizione rimarrebbero grandi lacune nei dati. Il riempimento di quelle lacune è lo scopo di algoritmi come quello di Bouman. Bouman presenterà il suo nuovo algoritmo, che lei chiama CHIRP (Continuous High-resolution Image Reconstruction using Patch priors) alla conferenza Computer Vision and Pattern Recognition nel mese di giugno.

Il progetto Event Horizon Telescope utilizza una tecnica chiamata interferometria, che combina i segnali rilevati da coppie di telescopi, in modo che essi interferiscano tra loro. Di solito, un segnale astronomico raggiungerà la coppia di telescopi in tempi leggermente diversi. Calcolare questa differenza è essenziale per estrarre informazioni visive dal segnale, ma l’atmosfera terrestre può anche rallentare le onde radio, esagerando le differenze nel tempo di arrivo e compromettendo il calcolo da cui dipende l’imaging interferometrico.

Bouman ha adottato una soluzione algebrica intelligente per risolvere questo problema: se si moltiplicano le misure fatte da tre telescopi, i ritardi aggiuntivi legati al rumore atmosferico si annullano a vicenda. Ciò significa che ogni nuova misurazione richiede dati da tre telescopi. Anche filtrando il rumore atmosferico, le misurazioni di una manciata di telescopi sparsi in tutto il mondo sono comunque insufficienti; infatti un certo numero di immagini potrebbe adattarsi ugualmente bene ai dati. Quindi il passo successivo è quello di ricavare un’immagine che si adatti ai dati e soddisfi anche determinate aspettative. Bouman ed i suoi colleghi hanno dato un contributo anche su questo fronte.

L’algoritmo tradizionalmente utilizzato per interpretare i dati interferometrici astronomici prevede l’assunzione che l’immagine sia un insieme di singoli punti di luce, e cerca di trovare quei punti la cui luminosità e la cui posizione corrispondano meglio ai dati. Poi l’algoritmo mette insieme punti luminosi vicini, per cercare di ripristinare una certa continuità nell’immagine astronomica. Per produrre un’immagine più affidabile, CHIRP utilizza un modello leggermente più complesso rispetto a quello dei singoli punti, ma ancora matematicamente trattabile.

Infine, Bouman ha utilizzato un algoritmo di apprendimento automatico per perfezionare ulteriormente le ricostruzioni delle immagini ed ha preparato un ampio database di immagini astronomiche simulate, considerando vari tipi di rumore. Il suo algoritmo è stato spesso migliore rispetto ai suoi predecessori nel ricostruire l’immagine originale dalle misurazioni e ha gestito il rumore in modo più efficace. Ha inoltre reso disponibili i dati di test al pubblico on-line perchè altri ricercatori potessero utilizzarli.

http://phys.org/news/2016-06-algorithm-image-black-holes.html

Credit: M.Weiss/NASA/CXC