La Via Lattea da giovane

La Via Lattea da giovane

 

Ognuno ha una propria storia da raccontare, anche la nostra galassia. Le grandi galassie a spirale come la Via Lattea non sono sempre state le ordinate strutture che possiamo ammirare attualmente nell’Universo. Un nuovo studio condotto da Casey Papovich della Texas A&M University conferma l’ipotesi che circa 8-10 miliardi di anni fa le progenitrici della Via Lattea e di galassie analoghe fossero più piccole e meno strutturate, ma molto attive e prolifiche nel far nascere nuove stelle.

Utilizzando l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) il team ha studiato quattro giovani versioni di galassie simili alla Via Lattea, distanti 9 miliardi di anni luce. Hanno scoperto che ogni galassia era incredibilmente ricca di monossido di carbonio, un tracciante del gas molecolare, che costituisce il combustibile della formazione stellare.

“Abbiamo utilizzato ALMA per osservare versioni giovani della Via Lattea e abbiamo scoperto che simili galassie hanno una quantità molto maggiore di gas molecolare, il combustibile necessario per la formazione stellare”, ha detto Papovich. “Paragono queste galassie ad un adolescente che consuma prodigiose quantità di cibo per alimentare la propria crescita durante la giovane età”.

Sebbene l’abbondanza relativa di gas necessario alla nascita stellare sia estrema in queste galassie, Papovich afferma che non si sono ancora pienamente formate e sono piuttosto piccole se paragonate all’attuale Via Lattea. I nuovi dati di ALMA indicano che gran parte della massa in queste galassie è compresa nel gas molecolare freddo piuttosto che nelle stelle, una situazione molto diversa da quella della nostra Via Lattea, in cui la massa data dalle stelle è dieci volte superiore a quella del gas. Queste osservazioni aiutano a ricostruire un quadro completo di come sia evoluta la materia in galassie di dimensioni simili alla nostra e di come si sia formata la stessa Via Lattea.
[ Barbara Bubbi ]

http://phys.org/news/2016-12-galaxy-evolution-theory.html

Credit: Yuri Beletsky, Carnegie Observatories