Scatti improvvisi di crescita per i buchi neri primordiali

Scatti improvvisi di crescita per i buchi neri primordiali

Un nuovo studio realizzato utilizzando dati dell’Osservatorio Chandra e della Sloan Digital Sky Survey (SDSS) suggerisce che i buchi neri supermassicci nell’Universo primordiale vadano incontro a sporadici, rapidi ma intensi periodi di crescita, arrivando ad accumulare masse di miliardi di Soli nel primo miliardo di anni dopo il Big Bang.

Il team, composto da sei ricercatrici italiane e guidato da Edwige Pezzulli dell’Università di Roma, ha realizzato questo risultato confrontando modelli teorici con i dati del Chandra Deep Field-South (CDF-S), la più profonda immagine a raggi X mai ottenuta, e altre survey di Chandra. La regione centrale del CDF-S, in cui rosso, verde e blu rappresentano raggi X a bassa, media e alta energia, è visibile nel pannello principale.

Quando il materiale cade verso un buco nero, si riscalda e produce grandi quantità di radiazione elettromagnetica, incluse abbondanti emissioni di raggi X. L’illustrazione artistica nell’inserto dell’immagine rappresenta gas in caduta su un buco nero in crescita che si raccoglie in un disco. L’osservatorio a raggi X Chandra è in grado di rilevare buchi neri supermassicci in rapida crescita nell’Universo primordiale, tuttavia questi oggetti hanno dato prova di essere sfuggenti, dal momento che sono stati individuati pochi candidati nelle osservazioni profonde di Chandra come il Chandra Deep Field-South.

Per cercare di risolvere il mistero, il team ha esaminato vari modelli teorici e li ha testati utilizzando dati ottici e a raggi X. I risultati indicano che durante questa epoca cosmica l’accrescimento di materia da parte del buco nero può “accendersi” improvvisamente e durare per brevi periodi di tempo, il che implica che la fase di crescita possa essere ben difficile da rilevare.

La tempistica della crescita potrebbe essere la chiave. Il modello suggerisce che 13 miliardi di anni fa circa un terzo dei buchi neri supermassicci stessero attivamente accumulando abbastanza materia da essere rilevabili, ma soltanto 200 milioni di anni prima il numero dei buchi neri potenzialmente rilevabili scende al 3 percento. Per testare ulteriormente questa ipotesi, i ricercatori suggeriscono la necessità di ulteriori survey che osservino nei raggi X regioni di cielo più ampie.
[ Barbara Bubbi ]

http://chandra.si.edu/photo/2017/cdfs2/

Credit X-ray: NASA/CXC/Univ. of Rome/E.Pezzulli et al. Illustration: NASA/CXC/M.Weiss