Come Nacquero i Primi Buchi Neri Giganti

Come Nacquero i Primi Buchi Neri Giganti

Un team internazionale di ricercatori ha sviluppato una nuova teoria che potrebbe spiegare la formazione di buchi neri giganti agli albori dell’Universo. Secondo lo studio, pubblicato su Nature, quando le galassie si assemblano in modo estremamente rapido, e talora violento, la normale formazione stellare in regioni dense e ricche di materia oscura viene ostacolata per far spazio alla crescita del buco nero.

La luce emessa dalle regioni circostanti i primi buchi neri massicci nel cosmo è così intensa da riuscire a raggiungere i nostri telescopi, viaggiando talvolta per distanze superiori a 13 miliardi di anni luce. Non abbiamo ancora idea dei meccanismi che hanno portato alla formazione di simili buchi neri in un tempo così breve dal punto di vista astronomico. I ricercatori ritengono che i buchi neri massicci si formino in dense regioni prive di stelle e in rapida crescita, confutando la teoria diffusa da tempo che la nascita dei buchi neri giganti sia limitata a regioni bombardate dalla radiazione emessa da galassie vicine, in grado di ostacolare la formazione stellare. Sembra inoltre che i buchi neri massicci nell’Universo siano molto più comuni del previsto.

Il criterio chiave per determinare dove si siano formati i buchi neri massicci durante l’infanzia del cosmo è in relazione alla rapida crescita di nubi di gas presenti prima della formazione delle attuali galassie. In base a questa ipotesi gran parte dei buchi neri supermassicci potrebbero avere un percorso di origine comune, spiega John Wise del Georgia Institute of Technology, tra gli autori dello studio. La formazione delle galassie parte dalla presenza di aloni di materia oscura, il loro collante. Una rapida e precoce crescita di questi aloni impedisce la formazione delle stelle che potrebbero competere con i buchi neri, contendendosi il materiale gassoso diffuso nella zona.

“In questo studio abbiamo scoperto un meccanismo del tutto nuovo che scatena la formazione di massicci buchi neri in particolari aloni di materia oscura”, spiega Wise. “Invece di considerare solo la radiazione, dobbiamo tener presente la rapida crescita dell’alone. Non abbiamo bisogno di molti processi fisici per capirlo, solo della distribuzione della materia oscura e dell’azione della gravità. La formazione di un buco nero massiccio richiede che si trovi in una rara regione con un’intensa convergenza di materia”.

Molte teorie precedenti si basavano sull’ipotesi che l’intensa radiazione ultravioletta emessa da galassie nelle vicinanze avesse inibito la formazione delle stelle nell’alone in cui si forma un buco nero. “Anche se la radiazione ultravioletta rimane un fattore da considerare, il nostro lavoro dimostra che non è quello predominante, perlomeno nelle nostre simulazioni”, spiega Michael Norman dell’University of California, San Diego. Lo studio si basa sulla simulazione Renaissance, un insieme di dati creati utilizzando il supercomputer Blue Waters tra il 2011 e il 2014 per aiutare gli scienziati a capire l’evoluzione del cosmo in epoca remota. I ricercatori hanno esaminato i dati della simulazione e hanno individuato dieci aloni di materia oscura che avrebbero dovuto formare stelle, data la loro massa, ma che contenevano invece solo una densa nube gassosa.

Nell’immagine della simulazione una regione ampia 30.000 anni luce centrata su un ammasso di giovani galassie che emettono radiazioni e riscaldano il gas circostante. Un alone di materia oscura al di fuori della regione forma tra stelle supermassicce (nell’inserto), ognuna con massa pari a oltre mille volte quella solare, che rapidamente collasseranno in massicci buchi neri Credit: Advanced Visualization Lab, National Center for Supercomputing Applications

Utilizzando il supercomputer Stampede2, il team ha simulato nuovamente il comportamento di due degli aloni, ognuno esteso per circa 2.400 anni luce, con una risoluzione più elevata per capire cosa potesse avvenire negli aloni 270 milioni di anni dopo il Big Bang. “È stato solo in queste regioni ultradense del cosmo che abbiamo visto la formazione di questi buchi neri”, spiega Wise. L’alta risoluzione della simulazione ha permesso agli scienziati di osservare la turbolenza, l’afflusso di gas e addensamenti di materia in formazione man mano che i precursori dei buchi neri iniziavano a condensare e a ruotare. Il tasso di crescita è risultato straordinario.

“Gli astronomi osservano buchi neri supermassicci in grado di aver raggiunto un miliardo di masse solari in 800 milioni di anni. Per fare questo ci vuole una considerevole convergenza di massa in quelle regioni”. Un altro aspetto interessante della ricerca è che gli aloni che hanno dato vita ai buchi neri potrebbero essere molto più comuni del previsto. “Una componente entusiasmante dello studio è la scoperta che questi tipi di aloni, anche se rari, potrebbero essere piuttosto comuni”, conclude Brian O’Shea della Michigan State University. “Riteniamo che questo scenario potrebbe verificarsi sufficientemente spesso da poter essere all’origine di gran parte dei buchi neri massicci osservati, sia ai primordi dell’Universo che nelle galassie attuali”.
[ Barbara ]

Nell’immagine rappresentazione artistica di un buco nero attivo dotato di disco di accrescimento
Credit: NASA/Swift/Aurore Simonnet, Sonoma State University

https://phys.org/news/2019-01-birth-massive-black-holes-early.html