02 Giu 2020 La Crescita dei Buchi Neri
Gli scienziati hanno sviluppato un nuovo modello teorico per spiegare come sia aumentata la stazza dei buchi neri nel corso del tempo, dalle epoche primordiali sino ad oggi. Lo studio è pubblicato su The Astrophysical Journal.
L’analisi, riguardante un ampio periodo della storia universale, fino a 13 miliardi di anni fa, suggerisce che i canali fondamentali di crescita per i buchi neri dipendono dalla loro massa e dalla loro distanza. Nell’Universo locale, più vicino a noi, i buchi neri piccoli crescono principalmente divorando materia, per accrescimento, mentre i buchi neri più grandi crescono soprattutto attraverso fusioni con altri buchi neri. Nell’Universo remoto e più antico, invece, avverrebbe proprio il contrario: i buchi neri meno massicci crescono grazie a fusioni, mentre i buchi neri più grandi per accrescimento. “I buchi neri possono crescere in due modi. Possono divorare massa dallo spazio circostante oppure possono fondersi con altri oggetti simili, formando buchi neri più grandi”, spiega Fabio Pacucci del Center for Astrophysics/Harvard & Smithsonian.
“Attualmente sappiamo che i primi buchi neri iniziarono a formarsi all’incirca insieme alla prima popolazione di stelle, oltre 13,5 miliardi di anni fa”. La questione è capire come questi primi “semi” siano cresciuti fino a formare la vasta popolazione di buchi neri individuata dagli scienziati nel cosmo, composta da quelli piccoli, di massa stellare, fino a quelli nel cuore delle galassie, mostri giganteschi con massa milioni o miliardi di volte quella solare. “Possiamo vincolare la loro storia non soltanto rilevando la radiazione emessa dai dischi di accrescimento, ma anche attraverso lo studio delle onde gravitazionali, le increspature dello spazio tempo prodotte dalla loro fusione”, aggiunge Avi Loeb, tra gli autori dello studio.
Ricerche precedenti suggeriscono che i buchi neri ingigantiti per accrescimento ruotino molto più rapidamente sul loro asse rispetto a quelli generati da fusioni. “Dal momento che il tasso di rotazione influenza in maniera fondamentale il modo in cui brilla la regione attorno a un buco nero, studiare le modalità di crescita principali dei buchi neri ci aiuta ad avere una visione più chiara di quanto possano essere brillanti le sorgenti. Sappiamo che la materia ricade verso l’orizzonte degli eventi di un buco nero e, man mano che accelera, si riscalda, iniziando ad emettere radiazione”, spiega Pacucci. “Più materia divora un buco nero, più brillante diventa la sorgente. È il motivo per cui riusciamo ad osservare oggetti estremamente lontani come i quasar. I buchi neri supermassicci possono essere miliardi di volte più massicci del Sole e sono in grado di emettere immense quantità di radiazione, così da poterli individuare a distanze di miliardi di anni luce”.
Secondo i ricercatori, anche se l’ambiente in cui si trovano è privo di gas da divorare, i buchi neri possono crescere grazie a fusioni tra galassie. Sembra che i buchi neri e la loro crescita giochino un ruolo fondamentale nell’evoluzione delle galassie. “Comprendere come i buchi neri si formino, crescano, ed evolvano insieme alle galassie che li ospitano è fondamentale per la nostra comprensione dell’Universo. Grazie a questo studio, abbiamo aggiunto un tassello importante al mistero”, conclude Pacucci.
Nell’immagine simulazione di un buco nero supermassiccio, in grado di distorcere la luce delle stelle
Credit: NASA’s Goddard Space Flight Center; background, ESA/Gaia/DPAC