Tutti i Pianeti al Loro Posto

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Sino a tempi recenti, si riteneva che il Sistema Solare avesse acquisito le sue caratteristiche attuali come risultato di un periodo di turbolenza avvenuto 700 milioni di anni dopo la sua formazione. Tuttavia, recenti ricerche suggeriscono che la sistemazione attuale del nostro sistema sia avvenuta non più tardi di un centinaio di milioni di anni dopo la nascita del Sole, probabilmente tra 10 e 60 milioni di anni. Uno studio condotto da tre ricercatori brasiliani, riportato su Icarus, offre nuovi indizi per arrivare a definire meglio questa tempistica fondamentale relativa alla formazione del nostro Sistema planetario.

“La vasta quantità di dati acquisiti grazie a osservazioni dettagliate del Sistema Solare ci permette di definire con precisione le traiettorie di molti corpi che orbitano attorno al Sole”, spiega Rafael Ribeiro de Sousa, a guida dello studio. “Questa strutturazione orbitale ci consente di dedurre la storia della formazione del Sistema Solare. A partire dalla nube di gas e polveri che circondava il giovane Sole circa 4,6 miliardi di anni fa, i pianeti giganti si formarono lungo orbite più ravvicinate le une alle altre e più vicini al Sole rispetto ad oggi. Inoltre le orbite erano maggiormente coplanari e più circolari rispetto a quelle attuali, nonchè interconnesse in sistemi dinamici in risonanza. Questi sistemi dinamici derivarono probabilmente dalle dinamiche gravitazionali relative alla formazione dei pianeti a partire da dischi protoplanetari gassosi”.

“I quattro pianeti giganti – Giove, Saturno, Urano e Nettuno – sono emersi dalla nube di gas e polveri lungo orbite più compatte”, continua il ricercatore. “I loro moti erano fortemente sincroni, dovuti a catene risonanti, con Giove che completava tre rivoluzioni attorno al Sole mentre Saturno ne completava due. Tutti i pianeti erano coinvolti in questa sincronicità prodotta dalle dinamiche del disco gassoso primordiale e dalle dinamiche gravitazionali dei pianeti”. Tuttavia, lungo la regione in cui si è formato il Sistema Solare esterno, che include le zone ben al di là delle attuali orbite di Urano e Nettuno, il Sistema Solare presentava una grande popolazione di planetesimi, piccoli corpi di roccia e ghiaccio che oggi vengono considerati i mattoni costruttivi dei pianeti e i precursori di asteroidi, comete e satelliti.

Il disco esterno ricco di planetesimi iniziò a disturbare l’equilibrio gravitazionale del sistema, che entrò in un periodo di caos in cui i pianeti giganti interagirono violentemente e provocarono l’espulsione di materia nello spazio. “Plutone e i suoi vicini ghiacciati vennero spinti nella Fascia di Kuiper, dove si trovano attualmente, e l’intero gruppo dei pianeti migrò verso orbite più distanti dal Sole”. La questione fondamentale è capire quando avvenne questo scombussolamento caotico, se in un periodo attorno a 700 milioni di anni dopo la formazione dei pianeti o molto prima, quando il Sistema Solare aveva appena un centinaio di milioni di anni. Fino a tempi recenti la prima ipotesi era considerata la più probabile. “La datazione di rocce lunari riportate dalle missioni Apollo aveva suggerito che tali rocce fossero andate soggette al bombardamento sulla superficie lunare da parte di asteroidi e comete allo stesso tempo.

Questo cataclisma è noto come “intenso bombardamento tardivo” della Luna e si ritiene che abbia colpito, di conseguenza, anche la Terra e altri pianeti rocciosi. Tuttavia, in tempi recenti, l’ipotesi del bombardamento tardivo è stata messa in discussione. Secondo Ribeiro, se la catastrofe fosse avvenuta in tempi tardivi, avrebbe distrutto la Terra e altri pianeti rocciosi, o perlomeno avrebbe provocato disturbi che avrebbero trascinato tali pianeti in orbite completamente differenti rispetto a quelle attuali. Inoltre, pare che le rocce lunari riportate dalle missioni Apollo siano state prodotte da un singolo impatto.

Studi precedenti avevano sottolineato l’importanza della distanza tra l’orbita di Nettuno e il bordo interno del disco composto da planetesimi, ma erano stati utilizzati modelli in cui i quattro pianeti giganti erano già completamente formati. “La novità di questo studio è che il modello non prevede come condizione iniziale il fatto che i pianeti fossero già completamente formati. Al contrario, Urano e Nettuno sono ancora in fase di crescita e la loro crescita coinvolge due o tre collisioni tra oggetti con massa fino a 5 volte quella terrestre”, afferma Izidoro. “Immaginate una situazione in cui Giove e Saturno sono già formati, ma ci sono da a 10 super-Terre al posto di Urano e Nettuno. Alla fine le super-Terre collidono e la collisione riduce il loro numero, rendendo possibili le risonanze orbitali. Alla fine sono rimasti Urano e Nettuno. Mentre i due giganti ghiacciati si stavano formando nel gas, il disco di planetesimi si consumava. Parte  del materiale veniva catturato da Unrano e Nettuno, parte veniva espulso alle periferie del Sistema Solare.

La crescita di Urano e Nettuno, pertanto ha definito la posizione del bordo interno del disco di planetesimi. Ciò che oggi e rimasto del disco si chiama Fascia di Kuiper, in pratica un residui del disco primordiale di planetesimi, che un tempo era molto più massiccio”. Il modello proposto è coerente con le orbite attuali dei pianeti giganti e con la struttura osservata della fascia di Kuiper, oltre che con il moto dei Troiani, un vasto gruppo di asteroidi che condividono l’orbita di Giove. Le conclusioni tratte dal modello prevedono che i pianeti giganti abbiano raggiunto la loro attuale configurazione in seguito a un periodo di instabilità dinamica avvenuto appena un centinaio di milioni di anni dopo la nascita del Sistema Solare, ancora prima della formazione della Terra e della Luna.

Credit NASA

https://phys.org/news/2020-03-solar-current-configuration-formation.html