Bagliori d’Oro e Platino da una Collisione Stellare

Bagliori d’Oro e Platino da una Collisione Stellare

Un team di astronomi ha riesaminato i dati relativi a una sorgente di lampi di raggi gamma rilevata nel 2016, scoprendo che l’origine dell’esplosione cosmica era la fusione di due stelle di neutroni, simile a quella individuata l’anno successivo dagli interferometri LIGO-Virgo tramite rilevazione di onde gravitazionali.

L’impatto ha portato alla creazione di una kilonova, un’esplosione immane, mille volte più luminosa di una nova, sorgente di lampi gamma e responsabile della creazione e dispersione di elementi pesanti nello spazio interstellare. Secondo gli astronomi, gran parte dell’oro e del platino presenti sulla Terra derivano da antiche kilonove, prodotte dalla collisione di due stelle di neutroni.

Sulla base dei dati disponibili relativi all’evento del 2017, dal quale gli interferometri LIGO/Virgo hanno rilevato emissione di onde gravitazionali, gli astronomi hanno ricavato nuove informazioni sull’aspetto con cui dovrebbe presentarsi una kilonova. Un team guidato da Eleonora Troja dell’University of Maryland ha riesaminato i dati relativi a un lampo di raggi gamma individuato nell’Agosto 2016, scoprendo, grazie all’analisi di dati che non erano stati notati nelle osservazioni iniziali, che in realtà la sorgente della radiazione ad alta energia era proprio una kilonova. Il lampo proveniva dalle periferie di una galassia distante circa due miliardi di anni luce da noi.

L’osservatorio Swift della NASA aveva iniziato a seguire l’evento del 2016, chiamato GRB160821B, pochi minuti dopo la sua rilevazione. I dati hanno permesso al team di ottenere nuovi indizi che non erano disponibili per l’evento individuato nel 2017, perchè in quel caso le osservazioni erano iniziate quasi 12 ore dopo la rilevazione della collisione. “L’evento del 2016 è stato senz’altro molto entusiasmante. Era nelle vicinanze, e visibile tramite ogni grande telescopio, incluso Hubble. Ma non corrispondeva alle nostre previsioni: ci aspettavamo di vedere l’emissione infrarossa diventare sempre più brillante nel corso di varie settimane”, spiega Troja. “Dieci giorni dopo l’evento, non era rimasto quasi nessun segnale. Eravamo tutti un poco delusi. Poi, un anno dopo, è accaduto l’evento individuato da LIGO-Virgo. Abbiamo riguardato i nostri vecchi dati con occhi nuovi e abbiamo capito che nel 2016 avevamo catturato proprio una kilonova. La corrispondenza era quasi perfetta. I dati nell’infrarosso per entrambi gli eventi avevano luminosità simili e presentavano esattamente la stessa scala temporale”.

Le somiglianze tra i due eventi suggeriscono, inoltre, che anche la kilonova del 2016 sia stata provocata dalla fusione di due stelle di neutroni. Le informazioni raccolte nel 2016 non contengono così tanti dettagli come quelle ricavate dall’evento del 2017, tuttavia la copertura delle prime poche ore, assente nel caso del 2017, ha permesso di ricavare indizi importanti sulle fasi iniziali di una kilonova. Ad esempio, il team ha osservato il nuovo oggetto rimasto dopo la collisione, non visibile nei dati dell’evento LIGO-Virgo.

“Il residuo dovrebbe essere una stella di neutroni altamente magnetizzata, ipermassiccia, una magnetar, che è sopravvissuta alla collisione e poi collassata in buco nero”, spiega Geoffrey Ryan, coautore dello studio. “Questo è interessante, perché la teoria suggerisce che una magnetar dovrebbe rallentare o persino cessare la produzione di metalli pesanti, che è la sorgente della firma in luce infrarossa di una kilonova. Le nostre analisi suggeriscono che i metalli pesanti sono stati in grado, in qualche modo, di sfuggire all’influenza dell’oggetto residuo, in grado di arrestarne la produzione”.

“Il segnale infrarosso molto brillante emesso in seguito all’evento rende questa la kilonova più evidente mai osservata nell’universo remoto”, conclude Troja. “Mi interessa il modo in cui cambiano le proprietà di una kilonova a seconda di differenti stelle progenitrici e residui finali. Man mano che osserveremo sempre più eventi di questo tipo, capiremo che esistono molti tipi diversi di kilonove, pur facendo parte tutte della stessa famiglia, come avviene per le supernove, che possono essere di vario genere. È davvero entusiasmante ridefinire in tempo reale le nostre conoscenze”. I risultati dello studio sono pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Nell’immagine impressione artistica della collisione di due stelle di neutroni
Image Credit: Dana Berry, SkyWorks Digital, Inc.

https://cmns.umd.edu/news-events/features/4485